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Impazza la “sfida tra mamme” su Facebook. Da campagna sociale a catena di S’Antonio. Incombe lo spettro della pedofilia

E’ virale la “sfida tra mamme”su facebook che si basa sul meccanismo della nomination: una mamma tagga dieci amiche, postando sul proprio social tre foto di se stesse coi figli, a testimonianza della propria felicità di essere madri.

Nata come campagna sociale “contro l’utero in affitto”, collegata alla discussione in Senato sulla legge delle unioni civili, in poco tempo ha perso lo scopo iniziale.
Forse per la troppa fretta di leggere o capirne la motivazione, forse per l’urgenza di dar voce al proprio orgoglio di cuore materno, di fatto in questi giorni il numero di foto di bambini che gravita in rete è aumentato considerevolmente, tanto da destare preoccupazione e attivare la Polizia Postale, che invita le mamme alla prudenza e alla cautela, sulla condivisioni di queste foto.

Perché prudenza e cautela?
Perché nell’agire in buona fede, con un click, si rischia di dare in pasto a sconosciuti i propri figli, foss’anche un viso innocente su cui fantasticare con pensieri malsani.

Al di là d’un monitor, dilaga una rete di pedofili sempre più subdola e sempre più attiva sui vari social, con l’intento di reperire foto di bambini, dati personali, luoghi, note riconducibili all’identità del soggetto da colpire virtualmente e non.
Se va bene, ma che bene non è, la ricerca del pedofilo si ferma sulla mera creazione di un proprio album fotografico personale, dove il viso di bambini copre quello di adulti in posizioni pornografiche.
Se va male, la ricerca del pedofilo diventa fattiva, più ristretta, più zonale: tramite le informazioni che si rilasciano, incautamente sui social, carpiscono i luoghi frequentati abitualmente, la scuola, la zona dove si abita. E il passo per l’aggancio successivo diventa veramente breve.

Le risposte all’invito della Polizia Postale si sono fatte subito sentire, chi pro chi contro, chi con palese sdegno rimanda il messaggio al mittente, invitando ad occuparsi di cose più gravi.
Gestire un proprio profilo social è esercitare la propria libertà, ma tutelare la privacy e la sicurezza dei minori, è un dovere che prevale su un tag.

Paola Viero