di Mattia Cecchini
Ormai non se ne fanno più: su una casistica di quasi 3.500 interventi e opere, solo 35 includono esplicitamente la tipologia muretti a secco. Quei muretti tipici dei paesaggi delle aree rurali e soprattutto montane. Tipici e preziosi: limitano frane e cedimenti di terreno, sono un rifugio per animali e ‘casa’ per piante protette, inoltre “svolgono un rilevantissimo ruolo anche sul piano della sostenibilità, con ricadute benefiche dirette sul territorio e sulle comunità locali“, come ha detto di recente la viceministro dell’Ambiente Vannia Gava. E siccome appunto non se ne fanno più, quelli che restano sono da tutelare. La deputata veneta di Fratelli d’Italia, Alessia Ambrosi, di recente anche ha proposto di varare un bonus fiscale per favorire gli interventi di recupero e manutenzione dei muri a secco. E di favorire micro-cantieri locali legati al recupero dei muri a secco, per dare una mano all’economia circolare e creare lavoro “in contesti di turismo sostenibile, in particolare nelle zone produttive del Vino Santo Trentino, dove la tradizione agricola e la protezione ambientale si intrecciano grazie ai muretti a secco”.
Gava ha risposto, in commissione Ambiente alla Camera, spiegando appunto che già molto si fa per i muretti a secco: “Sono in atto molteplici misure di sostegno a tutela degli interventi sui muretti a secco e delle attività necessarie al ripristino dei sentieri. Il valore di tali strutture infatti, è riconosciuto sotto molteplici aspetti e riconducibili a differenti ambiti“. Si sono messi soldi con la Finanziaria del 2019 assegnando 70 milioni sui più anni a 26 Parchi azionali, poi con quella del 2021: 100 milioni di euro fino al 2033. Si tratta tuttavia di risorse destinate esclusivamente a favore dei Parchi Nazionali e per pubblica utilità. Ad esempio, 2,7 milioni al Parco Nazionale dello Stelvio, quasi un milione al Parco del Vesuvio, 1,9 al Parco della Sila.
Il muretto a secco è specificamente indicato sul “Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo” tra le opere di sistemazione proprio perchè è utile alla stabilizzazione dei versanti. Ma appunto non li si fanno quasi più: “La bassa incidenza, pari a poco più dell’uno per mille può essere verosimilmente legata anche alla onerosità del tipo di opera, vincolata all’impiego di tecniche manuali anziché mezzi meccanici e dall’esigenza di manutenzioni frequenti”, ha spiegato Gava. E allora, appunto, meglio tenersi stretti quelli che ci sono. La viceministro ha confermato infatti che “la preservazione ed il ripristino dei muretti a secco sono di particolare rilievo per la protezione per diverse specie incluse nelle direttive cosiddette Habitat e Uccelli poiché rivestono un ruolo essenziale per rispondere alle esigenze di rifugio e alimentazione e per la riproduzione e contemporaneamente rappresentare l’habitat di crescita ottimale per una ricca varietà di specie vegetali di pregio in larga parte sottoposte a norme di tutela e protezione”. Il ministero dell’Ambiente inoltre sostiene le attività che possono creare “occupazione in contesti di turismo sostenibile”. Il ministero dell’agricoltura interviene con il Piano strategico nazionale (Psp) dove si dice che i muretti a secco sono “sotto un vincolo di non eliminazione” (pena il rischio di non avere gli aiuti della Pac). Inoltre, il Psp prevede un sostegno economico per “impegni virtuosi connessi alla gestione delle colture e del territorio in generale, a beneficio di chi li attua nella propria gestione aziendale” e e anche questo ‘giova’ alla conservazione dei muretti a secco. Ma ci sono anche altre leve per puntellarne la conservazione: come gli investimenti non produttivi nelle aree agricole, per lo più finalizzati al mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio: qui ricadono contributi per le superfici coltivate su terrazzamenti con muretti a secco. E dunque un sostegno che copre i costi di gestione dei muretti in pietra, ripristino delle pietre di copertura, manutenzione della tassellatura dei muretti, rimozione o potatura della vegetazione negli interstizi delle pietre e sfalcio del manto erboso.
Il valore identitario dei muretti a secco è stato al centro del riconoscimento dell’Unesco: nel 2018, “L’Arte dei muretti a secco” è stata inserita nella lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, con un’iniziativa che ha coinvolto altri sette Paesi europei. A seguito del riconoscimento internazionale, l’Italia si è impegnata, insieme agli altri paesi, a preservare muretti e tecnica tradizionale. Tra le misure di salvaguardia indicate e valutate positivamente dall’Unesco rientrano anche i “restauri di opere in pietra a secco attraverso vari meccanismi di finanziamento”.
SERVONO PERFINO A FARE UN VINO BUONO
Sentite le risposte di Gava, Ambrosi ha rimarcato come questi muri a secco rappresentino “un elemento identitario del paesaggio rurale italiano, nonché un patrimonio culturale di straordinario rilievo”: nel contesto produttivo del Vino Santo Trentino, la loro conformazione e distribuzione aiuta la “eccellente qualità enologica”. Bene dunque l’attenzione del ministero, bene le misure di sostegno economico.