(Ansa) Drammatiche denunce di abusi sessuali sistematici praticati da Hamas sugli ostaggi israeliani, maschi e femmine, nei tunnel dove vengono tenuti prigionieri da oltre 100 giorni sono giunte oggi in una commissione della Knesset da parte di ex prigioniere tornate in libertà a novembre.
Di testimonianza in testimonianza, l’atmosfera si è fatta sempre più grave ed il senso di urgenza di un intervento che li riporti a casa ancora più drammatico.
“Proprio in questo momento – ha esclamato Shir Siegel, la cui madre è stata tenuta in ostaggio per 50 giorni – qualcuno viene stuprato in un tunnel. Dove sono le persone che contano davvero? Perché i membri del gabinetto non sono qui ad ascoltare?”.
Nel corso dell’udienza – organizzata da un gruppo di deputati determinati a seguire da vicino la sorte degli oltre 130 ostaggi ancora prigionieri a Gaza – è stato fornito un quadro in base al quale le violenze sessuali estese e sistematiche praticate dai membri di Hamas il 7 ottobre sui partecipanti del Nova festival e fra i membri dei kibbutz di frontiera erano solo l’inizio di un genere di sevizie che sarebbe proseguito anche nei loro nascondigli, sopra e sotto la terra di Gaza. Ma mentre il 7 ottobre i membri di Hamas hanno divulgato essi stessi sul web immagini in diretta degli stupri che stavano compiendo, solo adesso – sulla base delle testimonianze fornite dalle ex prigioniere – è possibile avere un quadro degli abusi nei mesi di custodia dei prigionieri israeliani.
“Questo l’ho visto con i miei occhi”, ha raccontato Aviva Siegel, la madre di Shir, che è stata tenuta prigioniera a Gaza dal 7 ottobre alla fine di novembre e il cui marito Keith è ancora in ostaggio. “Per me le ragazze tenute prigioniere erano come mie figlie. I terroristi hanno portato loro abiti impropri, abiti per bambole, e le hanno trasformate nelle loro bambole. Fantocci con i quali si poteva fare quanto si voleva, quando si voleva”. “Anche ora, quasi non respiro. E’ come se fossi rimasta là – ha proseguito la donna -. Anche i ragazzi sono stati abusati, come le ragazze. Magari non entreranno in gravidanza, ma anch’essi sono stati ridotti a fantocci”.
Un’altra testimonianza è stata quella di Chen Golstein Almog, che è stata rilasciata a novembre. In un’intervista televisiva ha detto di aver appreso, quando era a Gaza, di ragazze di 19 anni isolate in prigionia che erano state “stuprate, abusate e anche ferite”. In cattività era con lei la figlia Agam, di 17 anni. Per 50 giorni non ha praticamente chiuso occhio nel timore che fosse aggredita dopo che uno dei carcerieri le aveva promesso che “le avrebbero trovato un marito a Gaza”. Oggi, alla Knesset, Chen Goldstein Almog ha affermato che “ci sono ragazze lì senza mestruazioni da molto tempo. E forse è per questo che dovremmo pregare: che sia il corpo a proteggerle in modo che, Dio non voglia, non rimangano incinte”.
Mentre ancora si attende di sapere se siano effettivamente giunte agli ostaggi medicine inoltrate loro con un’iniziativa del Qatar e della Francia, nel dibattito di oggi è stata sottolineata la necessità di spedire alle israeliane in ostaggio pillole per l’aborto. Alcuni deputati hanno anche menzionato la possibilità di autorizzare aborti anche in mesi avanzati per le donne-ostaggio quando torneranno in Israele. “Dobbiamo riportare tutti gli ostaggi a casa al più presto”, hanno convenuto i partecipanti.