Paolo Crepet, psichiatra, sociologo e scrittore, continua a stimolare riflessioni e a scuotere il pubblico con le sue idee controcorrente. Con una lunga carriera alle spalle, costellata di bestseller, il suo ultimo libro, “Mordere il cielo”, affronta temi di grande attualità legati alle emozioni e alla comunicazione nell’era digitale. In una recente intervista rilasciata a Silvia Grassi su Libreriamo.it, Crepet ha discusso la solitudine, l’omologazione e il ruolo dei genitori nell’educazione dei giovani, offrendo spunti provocatori e incisivi.

La solitudine nell’era iperconnessa

Una delle riflessioni più forti di Crepet riguarda la solitudine, un paradosso nell’epoca dei social media. Secondo lo psichiatra, la solitudine non nasce dalla mancanza di connessioni, ma dall’interazione con le persone sbagliate. “La più grande forma di solitudine è passare il nostro tempo con persone sbagliate”, afferma Crepet, mettendo in luce come l’iperconnessione tecnologica abbia confuso il valore delle relazioni umane. In un mondo dove le amicizie virtuali spesso sostituiscono quelle reali, il rischio di perdere il contatto autentico con le persone è alto. Crepet sottolinea che la responsabilità non è soltanto della Generazione Z, ma anche delle generazioni precedenti, che hanno contribuito a plasmare un ambiente sociale in cui il digitale ha sostituito il reale.

Genitori iperprotettivi e la perdita di autonomia

Nel suo intervento, Crepet critica duramente i genitori moderni, che definisce iperprotettivi al punto da impedire ai figli di sviluppare una vera autonomia. “Dire oggi consapevoli e autonomi è una bestemmia”, commenta, accusando molti genitori di tenere i propri figli in una sorta di bolla protettiva, privandoli della capacità di affrontare il mondo esterno. Crepet usa un’immagine particolarmente incisiva per descrivere questa dinamica: “I genitori oggi fanno cose da deficienti totali, addirittura girano lo zucchero dentro al caffellatte ai figli”. Questi gesti, in apparenza innocui, nascondono una mentalità che, secondo lui, rischia di rendere i giovani incapaci di affrontare la vita adulta. “Quando avranno 30 anni saranno dei perfetti idioti, persone che non sanno fare niente, neanche pensare”, ammonisce.

Il richiamo di Crepet è chiaro: i genitori devono insegnare ai figli a “volare”, lasciandoli affrontare le difficoltà e imparare dai propri errori. “Devono insegnare ai figli a volare, non a rimanere in camera da letto”, sottolinea, esortando i genitori a favorire lo sviluppo dell’autonomia e della resilienza nei loro figli.

Superficialità nell’educazione e il culto delle soluzioni facili

Crepet non risparmia critiche nemmeno a quella che definisce la superficialità con cui molte persone affrontano i problemi educativi. “La gente vuole risolvere un problema complicatissimo nella forma più semplice e banale possibile”, osserva. Questa tendenza, secondo lo psichiatra, non fa altro che alimentare una cultura della superficialità, in cui si cercano soluzioni rapide e semplici a questioni complesse come l’educazione. Questo approccio, secondo Crepet, rischia di compromettere profondamente la qualità del percorso formativo dei giovani, portando a una società incapace di affrontare le sfide in modo consapevole e profondo.

L’influenza pericolosa degli influencer

Un altro tema centrale dell’intervista è l’impatto degli influencer sulla società. Crepet mette in guardia contro la pericolosa omologazione che potrebbe derivare dalla loro influenza sui giovani. “L’influencer è il capo dei conservatori”, afferma, sostenendo che la pressione sociale esercitata da queste figure può portare i giovani a conformarsi a modelli superficiali e imposti. Crepet vede negli influencer un fenomeno che rischia di compromettere l’individualità dei ragazzi, spingendoli a seguire ciecamente le tendenze promosse sui social media. “Se ci sono influencer che hanno 20/30 milioni di ragazzi e ragazze che li seguono, è una sventura incredibile”, avverte, esprimendo la preoccupazione che questa dipendenza dalle mode digitali possa annullare la capacità critica dei giovani, portandoli a perdere la propria unicità.

Conclusioni

Le parole di Paolo Crepet sono un monito contro una società che, nella sua corsa verso la connessione e l’efficienza, rischia di perdere di vista valori fondamentali come l’autonomia, la profondità delle relazioni e l’autenticità. Il suo appello a genitori, educatori e giovani è quello di riscoprire l’importanza di vivere esperienze reali, affrontare le difficoltà con consapevolezza e non cedere alla superficialità delle mode digitali.

“Mordere il cielo”, il suo ultimo libro, si inserisce in questo contesto come una riflessione potente e attuale, che invita tutti a riflettere sul proprio ruolo nell’era digitale e a non smettere mai di cercare la propria autenticità in un mondo sempre più omologato.

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