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Cala la materia prima ma il prezzo del cibo sale. Coldiretti: “Latte costa più dell’acqua”

“Il prezzo della quasi totalità dei prodotti agricoli, dal campo alla tavola, si moltiplica in misura ingiustificabile ed irrispettosa nei confronti dei lavoratori agricoli, i soli che si assumono il rischio connesso alla difficile attività che svolgono”. Con queste parole il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola ed il direttore Roberto Palù esaminano gli effetti devastanti che la deflazione ha nelle campagne, dove le quotazioni rispetto allo scorso anno sono praticamente dimezzate per il grano duro (-43%) ed il latte viene ormai pagato quasi come l’acqua secondo quanto ha denunciato anche lo stesso presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel discorso sullo stato dell’Unione per l’anno 2016. Un artificio, quello della moltiplicazione dei prezzi, che ogni anno costa la vita a molte aziende agricole ed allevamenti, costretti a chiudere ed a portare con sé una parte del patrimonio del made in Italy che non viene assolutamente tutelato dalle politiche dei prezzi. Osservando l’andamento dell’inflazione ad agosto è evidente un rincaro alimentare dello 0,9% su base annua, in netta controtendenza con la riduzione dei prezzi che si sta verificando nelle campagne. Dal campo alla tavola i prezzi aumentano di cinque volte per la pasta e per il latte ed addirittura 15 volte per il pane con la forbice che si è fortemente allargata quest’anno. “Nelle campagne è deflazione profonda – sottolineano Cerantola e Palù – con i prezzi crollati per raccolti e per gli allevamenti che non coprono più neanche i costi di produzione o dell’alimentazione del bestiame. Oggi gli agricoltori devono vendere più di tre litri di latte per bersi un caffè o quindici chili di grano per comprarne uno di pane. Le coltivazioni come il latte e la carne subiscono la pressione delle distorsioni di filiera e dal flusso delle importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull’origine in etichetta”. A rischio, quindi, è il futuro dei prodotti simbolo del made in Italy, ma anche un sistema produttivo sostenibile che garantisce reddito e lavoro a centinaia di migliaia di famiglie e difende il territorio nazionale dal degrado e dalla desertificazione.