“Il 90% degli intervistati ha sentito parlare del revenge porn, e solo il 14% ha conosciuto qualcuno che ne è stato vittima. Il 13% di questa quota è di sesso femminile e l’8% di queste hanno dai 15 ai 25 anni. L’88% reputa che si tratta di un reato e per la maggioranza di questi, il 75%, bisogna rivolgersi alle autorità competenti”. Sono i risultati della survey lanciata a febbraio da Women for security 2021 presentata da Sofia Scozzari del Board della community durante la diretta di questa sera, promossa per parlare di sicurezza nel digitale e rischio di revenge porn.
LA RICERCA
Una ricerca strutturata su “14 domande anonime, per un’analisi qualitativa del fenomeno, diffuse sui canali social e tra i nostri contatti- ha illustrato Scozzari- con cui abbiamo raggiunto un campione eterogeneo di 533 persone”. Scopo di questa survey, ha ricordato Scozzari è “avviare campagne di sensibilizzazione per l’ utilizzo corretto del digitale soprattutto con il mondo delle scuole, coinvolgendo anche i genitori”. Prevenzione ed educazione per la maggioranza degli intervistati, ma anche pene più severe, tra le misure che andrebbero messe in campo, anche con procedimenti più snelli. “Viene suggerito un uso più consapevole dei social e degli strumenti informatici” ha sottolineato in conclusione Scozzari.
REVENGE PORN, COME CI SI DIFENDE
Anna Italiano, avvocata, Associate Partner di P4I-Partners4Innovation, è intervenuta ricordando quanto prevede la normativa per il reato e tra le altre cose ha sottolineato: “È una fattispecie che può avvenire online o offline, ma strettamente connessa con le tecnologie che prevedono un’aggravante di reato”. Ci si difende legalmente “con la querela di parte entro 6 mesi dal fatto, anche nelle sedi civili per la tutela della propria immagine e privacy”. La criminologa Isabella Corradini ha parlato a proposito a proposito dei reati trattati nella diretta di “crimine relazionale”, ricordando la questione della “gogna mediatica e della vittimizzazione ulteriore” che subisce chi finisce in questa rete, in modo particolare i giovani. Ha ricordato anche come all’origine di questi fenomeni ci sia “un’omologazione e banalizzazione della sessualità“.