La sua è l’arte del combinare sapori unici con l’utilizzo prodotti particolari che stupiscono e affascinano, Si definisce un innovatore e sperimentatore, è in continua ricerca dell’inaspettato. Ma è anche la storia dell’inseguimento di un sogno, del non avere paura di ‘sporcarsi le mani’ perché sinonimo di vittoria. E’ la storia del ‘mordere la vita’, sfidandosi ogni giorno di più, con la volontà di diventare il numero uno e regalare esperienze culinarie inaspettate ai suoi clienti. Questa è la storia di Rosario Giannattasio, titolare della Pizzeria Acqua e Farina a Vicenza, da poco entrato per il quarto anno consecutivo tra le eccellenze di 50 Pizza Top.

Come è iniziata la tua passione per la pizza?

“Tutto è iniziato insieme al mio buon amico di lunga data Biagio, un amico stretto, siamo cresciuti in cucina insieme. Figlio di pizzaioli è tramite lui che ho acquisito questa passione. Facevamo insieme la ‘pizza acrobatica’ a circa 10-11 anni, costruivamo un asciugamano a forma di pizza e così ci allenavamo per fare la pizza acrobatica lanciandola in aria. E’ nato questo gioco e abbiamo poi iniziato a fare le pizze. Per gioco e in amicizia. Poi all’età di 14 anni con la famiglia ci siamo trasferiti a Vicenza e ho iniziato a lavorare in pizzeria come garzone, iniziando a fare le prime pizze.”

Quando sei arrivato a Vicenza, quali sono stati i tuoi primi passi ed esperienze lavorative?

“Durante la settimana, quando sono arrivato a Vicenza, facevo il cameriere. Ho chiesto se potevo imparare a fare le pizze. Come cameriere venivo pagato ma come aiuto pizzaiolo no, serviva a me per imparare e il mio premio era la pizza a fine serata. Era un metodo giusto perché invogliava a imparare, a migliorare sempre di più. Se invece si viene pagati da subito non si ha l’impulso di sforzarsi di più, tanto la paga è assicurata. Ho continuato così fino all’età di 23 anni, quando ho aperto la mia prima pizzeria d’asporto nel 2010, mentre nel 2015 è nata Acqua e Farina. Nasce inizialmente come pizza in teglia ma anche gourmet, quindi la pizza che si fa oggi, Acqua e Farina la faceva già nel 2015.”

Hai di recente pubblicato un video dove sei in compagnia di Roberto Valbuzzi, famoso chef e conduttore. Com’è stato lavorare con lui?

“E’ stata una bellissima esperienza lavorare con Roberto, è un grandissimo professionista, è stato davvero bello. Mi hanno contattato per fare questo video che si aggiunge ad altri che chiamano ‘sfide’, si tratta di creare degli abbinamenti con una famosa birra per ottenere una pizza originale e gustosa. Averlo qui nel mio locale è stato un vero onore, ci siamo divertiti molto. Per l’occasione ho fatto una pizza con una marinatura coreana a base di salsa samyang e birra.”

Qual è il tuo approccio alla qualità degli ingredienti e all’innovazione in cucina?

“Mi diverte molto inserire nuovi elementi e provare sapori inediti. Prima di fare le pizze, mi piace mangiare e sperimentare, creando qualcosa di nuovo che possa soddisfare i miei clienti. Cerco il sapore inaspettato. Utilizzo prodotti di altissimo livello non solo per garantire il giusto sapore, ma anche per assicurare benefici organolettici e salutari, poiché un prodotto di qualità fa bene. Mi piace trovare abbinamenti innovativi e adottare tecniche di alta cucina per elevare la pizzeria. Anche una semplice margherita può emozionare e lasciare un ricordo speciale, così come una capricciosa. Riuscire a fare questo è forse l’emozione più grande.”

A fine anno Acqua e Farina si sposta in un locale più grande. Puoi parlarci di questo nuovo progetto?

“Esatto, ci sposteremo in viale Crispi, 21 a Vicenza, in un locale di 400 mq che avrà la capienza in media di circa 120 posti. Il nuovo locale avrà una cucina da 70 mq, due forni e una camera solo per la lievitazione. Siamo molto felici di questo nuovo traguardo.”

Un salernitano al nord: come è stato il tuo percorso e com’è esploso il successo di Acqua e Farina?

“Quando Acqua e Farina ha iniziato a fare la pizza napoletana a Vicenza, non c’erano altre pizzerie simili nella zona, ad eccezione di ‘Da Vittorio’, che era una piccola pizzeria. I miei amici ristoratori mi dicevano di non provare a fare la pizza napoletana perché pensavano che avrei chiuso dopo due mesi. All’epoca, infatti, la pizza napoletana era considerata un prodotto gommoso e pesante, con un cornicione grosso e difficile da mangiare. Il nostro successo è stato invece quello di creare una pizza napoletana saporita e leggera, con un cornicione che si mangia e non pesa. In poco tempo abbiamo visto un miglioramento nella qualità del nostro prodotto, che è stato subito apprezzato dalla clientela. Questo ha dato il via al successo di Acqua e Farina, che si è distinta per la qualità delle sue pizze.”

Tra le eccellenze di 50 Pizza Top, quali sono stati i riconoscimenti più significativi?

“Tra il 2019 e il 2020 abbiamo vinto numerosi premi: Miglior Pizzeria di Vicenza secondo Il Giornale di Vicenza, due volte Miglior Pizzeria per Venezia a Tavola e ottenuto due spicchi al Gambero Rosso. Dal 2020 siamo inseriti tra le eccellenze di 50 Top Pizza e abbiamo ricevuto il massimo dei voti al Golosario. Siamo presenti in tutte le principali guide dal 2020. Inizialmente entrare in queste guide è stata una grandissima soddisfazione e lo è tuttora, ma adesso comprendiamo che questo riconoscimento è una conseguenza del nostro impegno e della qualità del nostro lavoro. La nostra priorità è fare bene il nostro lavoro: se il cliente è felice, lo siamo anche noi, e il resto viene da sé.”

Qual è il tuo rapporto con il personale?

“Ho la fortuna di avere collaboratori che lavorano con me da quattro-cinque anni. Ci sono anche ragazzi con meno esperienza che vengono nel weekend o per periodi più brevi, magari per avere una piccola entrata mentre studiano o svolgono altre attività. Ad esempio, il nostro capo sala Alex è con noi da almeno quattro anni, e mio cognato lavora con me da 14 anni. Nel corso degli anni, abbiamo strutturato un team solido e affidabile.”

Cosa pensi del rapporto che i ragazzi di oggi hanno con il mondo del lavoro rispetto a te all’età di 14 anni?

“Il problema oggi è che i ragazzi non hanno più fame di imparare, di sporcarsi le mani e sudare per ottenere gratificazione e poter dire ‘grazie a me’. Ora anche lo stagista viene pagato, fa il minimo indispensabile e si ferma lì. Quando ero a Salerno, tra la terza e la quarta elementare, mio padre mi mandò in un’officina da un amico perché gli avevo detto che mi sarebbe piaciuto fare il meccanico. Non facevo molto, ero piccolo, ma ricordo che mi sporcavo comunque le mani nel grasso per dimostrare che avevo lavorato. Mi tenevano lì per guardare, ma comunque in questo modo ‘si ruba il lavoro’. Non potevo arrivare in ritardo, dovevo andare in divisa: tutte cose che insegnavano la serietà lavorativa. Queste esperienze hanno gettato le basi per una mentalità imprenditoriale futura, fatta di rigore e rispetto per il lavoro.”

Laura San Brunone

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