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Il cliente ha sempre ragione? I ristoratori dicono di no e raccontano vizi e virtù di chi siede al tavolo

 

Il celebre detto “il cliente ha sempre ragione” non trova più consenso unanime tra i ristoratori, soprattutto quelli di alto livello. Anzi, secondo molti chef e patron dei migliori ristoranti italiani, il cliente, a volte, ha torto. Se visto dalla prospettiva di chi gestisce la cucina o la sala, il cliente — o “ospite”, come preferiscono chiamarlo i più cortesi — si comporta spesso in maniera bizzarra, quasi sabotando l’esperienza che ha scelto di vivere. E le critiche non risparmiano neppure le recensioni dei temuti critici gastronomici.

Quando l’arroganza varca la soglia del ristorante

La maleducazione e l’arroganza sono tra le prime lamentele degli chef. Vito Mollica, alla guida del ristorante Atto a Firenze, non nasconde il suo fastidio per certi comportamenti: «Non tollero la scostumatezza di alcuni clienti e spesso intervengo in prima persona per dare delle linee guida». Anche Michelangelo Mammoliti, del La Rei Natura al Boscareto Resort nelle Langhe, si mostra intransigente: «Mi infastidiscono le persone rumorose, quelle che trasformano una cena tranquilla in una serata caotica». Alessandro Pipero, ristoratore romano, rincara la dose: «Mi si fa buio quando vedo clienti entrare urlando al telefono e sbattere le chiavi sul tavolo, rovinando la tovaglia o i mobili di design».

Alberto Santini, maître del Pescatore, tristellato di Canneto sull’Oglio, adotta invece un approccio più tollerante, pur riconoscendo che certi atteggiamenti possono disturbare gli altri ospiti. Per lui, però, il ristorante è un luogo di libertà, sebbene questa debba fermarsi dove inizia quella degli altri.

Cellulari a tavola: convivialità addio

Un altro comportamento spesso criticato è l’uso compulsivo del cellulare durante la cena. Ernesto Iaccarino, chef del Don Alfonso 1890 a Sant’Agata dei Due Golfi, lo considera un problema culturale: «Per me la cucina è convivialità, è comunicazione, è guardarsi in faccia. Chi usa il cellulare a tavola si perde questa magia». Anche Cristina Bowerman di Glass Osteria a Trastevere denuncia la mancanza di rispetto verso il personale, citando clienti che, incredibilmente, schioccano ancora le dita per chiamare il cameriere.

Prenotazioni: tra bugie e sorprese

Le difficoltà non iniziano sempre in sala, ma spesso già al momento della prenotazione. Alessandro Pipero racconta di aver sviluppato un vero e proprio istinto nel riconoscere i clienti più problematici già al telefono, ma ammette che le sorprese non mancano. Episodi surreali sono all’ordine del giorno. Ariel Hagen, chef di Saporium a Firenze, ricorda una cliente che, dopo aver prenotato l’ultimo tavolo disponibile, si è lamentata inviando una foto del tavolo che avrebbe preferito, impuntandosi sulla sua richiesta.

Altri chef raccontano situazioni paradossali: Luciano Monosilio, ristoratore romano, scherza sull’arrivo di sette clienti accompagnati da quattro cani, senza alcun preavviso. Denis Lovatel della pizzeria Denis a Milano ricorda con divertimento una prenotazione a nome del cane, con tanto di dettagli sulla personalità dell’animale.

Allergie e intolleranze: quando la moda prende il sopravvento

Uno dei capitoli più delicati riguarda le allergie e le intolleranze, ormai una sfida quotidiana per i ristoranti di alto livello. Ma molti chef segnalano come queste dichiarazioni, spesso, siano pretestuose o addirittura inventate. Cristina Bowerman ammette di non tollerare chi dichiara false allergie senza preavviso, mentre Tommaso Arrigoni di Innocenti Evasioni a Milano ironizza sul fatto che sembra sia diventata una moda, soprattutto nel capoluogo lombardo.

Il rischio è che queste false dichiarazioni creino problemi per chi soffre di vere allergie. Alessandro Negrini del Luogo di Aimo e Nadia si spinge a paragonare chi finge un’intolleranza a chi parcheggia nei posti riservati ai disabili senza averne il diritto.

Anche le richieste più bizzarre non mancano. Francesco Apreda, chef di Idilyo a Roma, racconta di un cliente che si rifiutava di mangiare animali più piccoli di lui in peso e altezza, richiedendo anche di specificare le dimensioni della carne servita. Il tutto si è risolto con un carpaccio di tonno da una “bestia” di 300 chili.

La pazienza degli chef: tra no-show e silenzi imbarazzanti

Un’altra piaga per i ristoratori è il fenomeno del “no-show”, quando i clienti prenotano, confermano e poi non si presentano senza avvisare. Eugenio Boer di Bua Milano ricorda di aver richiamato clienti ritardatari, solo per sentirsi rispondere in modo scocciato. Alberto Buratti di Koinè a Legnano sottolinea anche il comportamento di chi, incontrato casualmente, promette di andare a trovarlo al ristorante e poi non si presenta mai. «Li incontri di nuovo e fanno finta di nulla», commenta sconsolato.

Fonte originale. https://www.gamberorosso.it/notizie/notizie-ristoranti/identikit-cliente-imperfetto/?mnuid=1c63gea99eg75c3c8520f5d127240d5fd1e7ed6488362837f46&mnref=s24bd%2Co1621f&utm_term=90655+-+Identikit+del+cliente+imperfetto%3A+se+sono+gli+chef+a+giudicare+i+loro+ospiti&utm_campaign=NL+GIORNALIERA+ITA&utm_medium=email&utm_source=MagNews&utm_content=9405+-+4164+%282024-09-16%29