a cura di Agostino Macrì
Il consumo di carne è cresciuto di pari passo con il progresso dell’uomo. In Italia prima del boom economico del dopoguerra la bistecca era un lusso per pochi. L’aumento pro capite degli ultimi 50 anni raggiunge l’apice proprio nel 2025. Ed è un aumento spropositato in linea con i progressi del nuovo millennio. Non solo, l’aumento procapite è percepito anche sul prezzo, che va a incidere sulle famiglie. Allo stato attuale i bovini da carne 100% italiana (dati aggiornati dalla borsa merci di Modena al 24 febbraio 2025) forniscono il prezzo di mercato per i bovini di razza limousine di 400 kg di peso di € 6,12 pagato all’allevatore, e per chi rispetta le regole sul benessere animale riceve una premialità del 10% pari a € 6,732. Il prezzo è quasi uguale o leggermente inferiore per i bovini da carne di razza charolais. Ma cosa sta succedendo e perché?
Le politiche europee sempre più stringenti hanno di fatto (scusate il bisticcio di parole) fatto diminuire gli allevamenti, a favore di una politica VEG. Infatti nell’anno in corso l’aumento di carne a famiglia raggiunge il picco in termini di consumi e di prezzi, ma è destinata a scendere a favore come già detto di alternative vegane (che nei miei articoli non chiamo mai carne).
La previsione è contenuta in un rapporto del Boston Consulting Group e della Blue Horizon Corporation pubblicati sul quotidiano Guardian. Il Peak meat, il picco della produzione della carne , sarà raggiunto nel 2025, secondo lo studio, e da quel momento comincerà a calare. Di conseguenza diminuirà il prezzo delle proteine alternative (VEG) che gradualmente si guadagneranno una fetta di mercato sempre crescente negli anni. Si dice in giro che le istituzioni politiche stanno mettendo in atto politiche alternative nel senso del politically correct con beneficio per il cambiamento climatico e per la nostra salute, e con un certo profitto per le multinazionali che producono proteine alternative rispetto a quelle animali. Così dicono.
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