Milano, Galleria Vittorio Emanuele II. Il ristorante di Carlo Cracco, icona della ristorazione d’élite, si trasforma per una sera nel palcoscenico di una protesta inaspettata. Un gruppo di attivisti di Ultima Generazione irrompe nel locale, tra tavoli impeccabili e piatti stellati, per lanciare un messaggio forte: il lusso è insostenibile. Seduti a terra nel mezzo della sala, i manifestanti mostrano cartelli e leggono un comunicato che accusa l’alta ristorazione di contribuire al collasso ambientale. Il loro bersaglio non è tanto lo chef, ma l’intero sistema che ruota attorno a un’economia fatta di sprechi, ingredienti esotici e consumi sfrenati. Alcuni clienti guardano la scena con stupore, altri si infastidiscono. Il personale, abituato a gestire le tensioni della sala, questa volta deve affrontare un problema ben più grande del ritardo di una portata. L’intervento delle forze dell’ordine è rapido e senza scontri. Gli attivisti vengono allontanati, lasciando dietro di sé il rumore delle posate che riprende e il brusio di chi cerca di capire cosa sia appena successo. Ma la domanda rimane sospesa nell’aria: può davvero l’alta cucina definirsi sostenibile? Cracco, noto per l’attenzione alla qualità e alla ricerca, non ha ancora commentato l’accaduto. Ma la sua cucina – e quella di molti altri chef – si trova ora al centro di un dibattito più grande, che va oltre il gusto e tocca temi globali. Ultima Generazione ha promesso nuove azioni. Il mondo della gastronomia di lusso è avvisato: il tempo delle cene tranquille potrebbe essere finito.

Ph Today

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