“Il lupo va visto più come un alleato che come un nemico da combattere”, per la sua preziosa funzione di contenimento di altre specie, molte dannose per gli agricoltori come gli ungulati e anche le nutrie. Ciò detto, “non c’è una solida base di dati scientifici che giustifichino il declassamento della protezione del lupo per una popolazione che a livello europeo in almeno 6 aree geografiche europee non si è ancora consolidata, in 6 aree su 7”. Il tutto senza considerare che la Costituzione ora protegge anche la biodiversità. Stefano Raimondi, responsabile Biodiversità di Legambiente, lo dice in audizione alla commissione Politiche Ue della Camera nell’ambito dell’esame, ai fini della verifica di conformità al principio di sussidiarietà, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 92/43/Cee del Consiglio per quanto riguarda lo status di protezione del lupo (Canis lupus). Dunque, alla luce di tutto ciò, “visto che gli Stati membri possono mantenere un livello di protezione alto, l’Italia tenga un punto fermo mantenendo una protezione forte del lupo”. Raimondi ricorda “l’importanza ecologica del lupo, in particolare dal punto di vista conservazionistico”, tenendo a mente che “in ambienti sani ci sono tutti gli anelli della catena trofica che caraterizzano l’habitat naturale”, e “il lupo è necessario e fondamentale per mantenere gli equilibri”, visto che “l’assenza di grandi predatori crea dinamiche negative”. Infatti “il lupo è fondamentale per mantenere popolazioni di ungulati contenute, e sappiamo quanto oggi grande problema del rapporto tra fauna selvatica e attività economica”, in relazione a danni da ungulati, appunto. Ecco quindi che “l’incidenza dei danni da lupo è molto inferiore a quella da ungulati” ed è importante “il ruolo del lupo nella contenimento di quella specie, ma anche di quelle invasive come la nutria che è predata dal lupo”.

Insomma, il lupo “va visto più come alleato che come nemico da combattere”, anche per il “ruolo che la fauna selvatica ha nella nostra Costituzione con la modifica dell’art. 9 che vede tra i valori tutelati anche la biodiversità, la natura e la fauna”, e “l’assenza o la riduzione della presenza del lupo è pregiudizievole per la sorte dei beni che lo Sto italiano intende tutelare, come biodiversità e ecosistemi”, prosegue Stefano Raimondi, responsabile Biodiversità di Legambiente. Per la riduzione della protezione del lupo “non c’è una solida base di dati scientifici che giustifichino il declassamento, per una popolazone che a livello europeo in almeno 6 aree ggeorafiche non si è ancora consolidata, in 6 su 7”, avverte Raimondi, “anche se la specie non è minacciata sono necessari ancora sforzi per migliorare lo stato di conservazione rendendolo favorevole in tutta Europa”. Per il gruppo Unione internazionale per la conservazione della natura- IUCN dedicato ai carnivori in Europa “la proposta di declassamento appare prematura e infondata, e non ne raccomanda l’adozione”, segnala il rappresentante di Legambiente, “i conflitti dififcilmente potrebbero essere risolti con il declassamento perché soddisfa solo una parte”, quella degli allevatori e degli agricoltori, “la parte meno lungimirante”, mettendo inoltre “a repentaglio ecenni di sforzi proattivi per risolvere il conflitto tra attività antropiche e lupo”. In tutto ciò “già oggi è possibile intervenire con la rimozione dei lupi nel rispetto determinati criteri e per evitare gravi danni al bestiame o rischi per la specie umana”, seganla Raimondi, “già esistono nella direttiva Habitat, non serve il declassamento”, che “avrebbe conseguenze negative anche sull’approccio culturale della problematica”, visto che “indebolirebbe tutti tutti gli sforzi fatti in questi anni e che vanno continuati con forza” per la tutela della popolazione del lupo. Vanno attuate soluzioni sostenibili, “quelle che il mondo scientifico indica come più efficaci e che vanno adattate a specifiche esigenze e località”, ricorda il responsabile di Legambiente, “recinti metalici e elettrificati, supporto agli allevatori con sistemi di controllo, il ruolo importante dei cani da guardiania, a partire dal pastore abruzzese-maremmano, l’utilizzo di ricoveri notturni, pratica da recuperare con i giovani, evitare l’abbandono di rifuti e carcasse, interventi di dissuasione”. Viceversa, conclude Raimondi, gli abbattimenti avrebbero “effetti che si sommerebbero al bracconaggio o alle morti causate dall’uomo che oggi è forte causa di mortalità del lupo, una problematica sottovalutata, compromettendo gravemente sgli sforzi di conservazione”.

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