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La Corte Europea dice no ai cosmetici testati sugli animali

La Corte Ue, in una sentenza, dice no ai cosmetici testati sugli animali. Il diritto Ue “protegge” il suo mercato “cosmetici i cui ingredienti siano stati oggetto di sperimentazioni animali”. Se gli esperimenti sono fatti fuori dall’Ue per consentire la vendita del prodotto in Paesi terzi “e il loro risultato è usato per comprovarne la sicurezza, la sua immissione sul mercato Ue può essere vietata”, rispondono i giudici all’Alta corte di giustizia GB su una causa della Federazione europea per gli ingredienti cosmetici.

La Federazione europea per gli ingredienti cosmetici (Effci) è un’associazione di categoria che rappresenta i fabbricanti di ingredienti impiegati nei prodotti cosmetici, all’interno dell’Unione europea. Tre membri di tale associazione hanno effettuato sperimentazioni animali al di fuori dell’Unione affinché certi prodotti cosmetici potessero essere venduti in Cina e in Giappone. L’Effci ha adito il giudice britannico al fine di accertare se le tre società interessate fossero passibili di sanzioni penali in caso di immissione sul mercato del Regno Unito di prodotti cosmetici contenenti ingredienti sottoposti a sperimentazioni animali.

Lav, su cosmetici vittoria Ue che ci piace

“È una vittoria dell’Europa che ci piace, quella che ha riaffermato il No ai test cosmetici sugli animali e il divieto di importare nei Paesi Ue cosmetici testati su animali in mercati stranieri”. Così il presidente della Lav Gianluca Felicetti sulla sentenza della Corte Ue sulla sperimentazione animale per i cosmetici, a margine della presentazione dell’Animal Aid Live 2016. La sentenza, aggiunge, “è anche una vittoria per la validità della ricerca scientifica senza animali. Questo rafforza l’azione dell’Ue che già in passato ha fatto in modo che due grandi Paesi esportatori di cosmetici come India e Brasile vietassero sul proprio territorio questo tipo di sperimentazione sugli animali”. Così, conclude Felicetti, “sono state battute anche le fazioni più retrive che ancora continuano a minimizzare la direttiva Ue”.