Marineland, il più grande parco marino d’Europa situato ad Antibes, in Francia, ha chiuso i battenti dopo oltre cinquant’anni di attività. Fondata nel 1970 dal conte Roland de La Poype, la struttura è stata un simbolo della Costa Azzurra e per decenni ha attratto milioni di visitatori, grazie agli spettacoli con cetacei come delfini e orche. La decisione di chiudere il parco arriva dopo anni di difficoltà economiche, un calo del numero di visitatori e l’approvazione di una legge nel 2021 che vieta gli spettacoli con i cetacei, una misura che ha ulteriormente minato la sostenibilità dell’attività.
Il destino di Marineland segna anche la fine di una storia controversa, con critiche da parte degli animalisti e della comunità internazionale sul trattamento degli animali, in particolare delle orche. Le ultime due orche del parco, Wikie e suo figlio Keijo, nato nel 2013, sono ora al centro di un dibattito sulle loro future destinazioni. Oltre a loro, circa 4.000 altri animali di 150 specie diverse, tra cui delfini, leoni marini, tartarughe e pesci, vivono ancora all’interno della struttura. La direzione di Marineland ha fatto sapere che la priorità sarà quella di “ricollocare tutti gli animali nelle migliori strutture disponibili”, ma le soluzioni proposte hanno sollevato forti polemiche.
Una delle ipotesi avanzate riguarda il trasferimento di Wikie e Keijo in Giappone, dove le normative sul benessere animale sono meno restrittive rispetto a quelle europee. Tale proposta, però, è stata accolta con fermezza da parte degli animalisti e dalla ministra francese per la transizione ecologica, Agnès Pannier-Runacher, che ha dichiarato di opporsi a questa soluzione, sostenendo che trasferire le orche in un paese con leggi meno rigide potrebbe compromettere ulteriormente la loro qualità della vita.
La chiusura di Marineland non è solo la fine di un parco divertimenti, ma anche il capitolo conclusivo di un’epoca per l’intero movimento animalista, che negli ultimi decenni ha visto crescere la consapevolezza sulle condizioni degli animali in cattività. Il parco, che una volta attirava fino a 1,2 milioni di visitatori all’anno, è stato pesantemente critico dopo le alluvioni del 2015 e a seguito del documentario “Blackfish” del 2013, che denunciava le atrocità subite dalle orche in cattività. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente messo a dura prova la struttura, accelerando la sua inevitabile chiusura.
La fine di Marineland rappresenta un segno dei tempi che cambiano, un momento di riflessione sulla necessità di rispettare i diritti degli animali e la crescente sensibilità verso il benessere degli esseri viventi in cattività. Mentre il futuro di Wikie, Keijo e degli altri animali è ancora incerto, questo evento segna un punto di svolta per l’industria dei parchi marini, che dovrà fare i conti con una crescente richiesta di etica e responsabilità.