La determinazione degli indipendentisti veneti a non lasciarsi zittire non si è fatta attendere e una folla di trecento persone, gente comune e leader di partito, tra cui l’europarlamentare Mara Bizzotto e il deputato Filippo Busin, ognuno sventolando la propria bandiera della Serenissima Repubblica veneta, ha risposto per le rime alle recenti dichiarazioni polemiche del Sindaco di Thiene Giovanni Battista Casarotto, che negli ultimi giorni tramite i media aveva tentato di sedare gli animi e si era detto disposto al dialogo.
La polemica, nata a causa del divieto da parte degli organizzatori della Festa dei popoli a far entrare i venetisti con le bandiere della Serenissima, inizialmente, sembra, senza polemiche di partito, ha assunto invece in questi giorni i colori del diverbio politico e, coinvolgendo il Sindaco Casarotto, che si è detto estraneo all’episodio scatenante la polemica, ha dato apparentemente senza volerlo il “la” ai venetisti per tenere sempre viva l’attenzione sullo spirito independentistico del popolo veneto, che reclama il proprio diritto, tra polemiche di ogni genere, all’autodeterminazione,
Durante il comizio, in pieno centro a Thiene, il primo ad intervenire è stato il promotore del referendum telematico sull’indipendenza del Veneto Gianluca Busato, che ha parlato di “parole sprezzanti dell’Amministrazione di Thiene, che non è ben consapevole che quella che hanno rifiutato è la bandiera di una nazione, e non di un partito. Rifiutando di lasciarci entrare hanno offeso anche le nostre famiglie. Siamo arrivati al punto che oggi ci è impedito anche di sognare. Vogliamo solo una vita dignitosa ed essere rispettati per quello che siamo. In questa situazione di grave rischio abbiamo l’opportunità di trovare un nuovo futuro come nazione. Il grido parta da Thiene. Ritroviamo la nostra dignità attraverso percorsi pacifici, all’ombra della nostra bandiera”.
La battaglia contro il pericolo della snobistica sottovalutazione del fenomeno dell’indipendentismo veneto dei media e contro quella che è vista come una vera e propria arroganza dello Stato Italiano i venetisti la stanno combattendo anche fuori dai confini nazionali e che c’è tra di loro anche chi promuove la causa veneta fuori dall’Italia. Nel suo intervento il leader dell’associazione Free Veneto, Luca Polo, ha infatti portato l’esempio della sua esperienza nell’Università catalana dove, ha riportato con orgoglio, “la Serenissima è considerata la madre della democrazia moderna, mentre qua non ti riconoscono nemmeno come popolo. Ma noi lo siamo, e deve essere chiaro a tutti che non faremo nemmeno un passo indietro.”
Gianluigi Setti di Veneti indipendenti ha ricordato alla platea e a quei politici “non presenti” che “colleghi ben più illustri già molti anni fa avevano visto quello che adesso questi non vogliono vedere. Cossiga scrisse un progetto di legge dove affermava che in Italia ci sono due nazioni senza stato, e questi sono i Veneti ed i Sardi. Qui in piazza tutti vedete il grande leone di pietra, ma il Sindaco non lo considera. Noi siamo un popolo, ma siamo anche una civiltà. Perfino a Pechino, grazie agli antichi rapporti con il Veneto, sventola la bandiera del Veneto, mentre noi ce ne vergogniamo”.
Anche Filippo Busin reclama la presenza del Sindaco: “Se fosse qui gli direi di ricordarsi più spesso che il Veneto è un grande popolo. Libertà e identità sono il nostro motto. L’Italia non ce la farà a farci abbassare la testa”.
Infine l’atteso intervento del “patriota” Lucio Chiavegato, leader del movimento indipendentista veneto, acclamato dai suoi sostenitori che lo hanno seguito tra le cronache dell’inchiesta legata alla presunta secessione del Veneto che, sfoderando la consueta grinta del secessionista vecchio stampo, ha dichiarato alla folla che ha già avviato un procedimento legale per diffamazione contro il Primo cittadino di Thiene. “Sindaco, non pestarmi i piedi!”, ha subito chiarito al grande assente Casarotto, “sono stato in carcere con altre 23 persone che non avevano fatto assolutamente niente! Se questa è la tua Italia, non è di certo la mia. Non posso certo passare sopra alle affermazioni che noi stavamo costruendo un carro armato. Il Sindaco dovrà assumersi le responsabilità di quanto afferma. La nostra bandiera non è stata lasciata entrare perché hanno paura, ecco la verità. Perché se questa bandiera qua raggiunge il potere, tu, Sindaco, dovrai andare a casa”. E al possibile incontro con Casarotto Chiavegato ha risposto senza timore di essere travisato: “Il sindaco ci ha detto che ci riceverà, ma sono io che non voglio incontrarlo. Ci deve delle scuse, non sarà certo il Primo cittadino a fermare la nostra bandiera”.
Marta Boriero