E’ una brutta gatta da pelare la faccenda della medaglia al partigiano ‘Teppa’.
Una ‘rogna’ a tutti gli effetti che ha fatto fare brutta figura praticamente a tutti.
Brutta figura per il sindaco di Schio, Valter Orsi, che ha detto di non essere al corrente del fatto che tra i premiati ci fosse anche Valentino Bortoloso, e per il suo assessore Anna Donà, che sapeva benissimo e, malgrado ciò, ha sorriso sgargiante mano a mano con il premiato ‘Teppa’ indossando la fascia tricolore.
Brutta figura per il prefetto Eugenio Soldà, perché chi rappresenta lo Stato sul territorio non può di certo accettare di conferire un’onorificenza a chi è responsabile di un gesto inqualificabile che ancor oggi costituisce una macchia indelebile nella storia di Schio e di tutto l’Alto Vicentino.
Brutta figura per l’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), perché ognuno è libero di avere le proprie idee, ma premiare un
assassino è, comunque la si voglia vedere, francamente inaccettabile.
Brutta figura, ma sarebbe il meno, per il ‘Teppa’ stesso, il quale avrebbe potuto/dovuto rifiutare, producendosi alla fine della sua vita, in un gesto capace di esprimere la consapevolezza che il crimine compiuto non lo rende degno di porsi al livello degli altri partigiani, questi sì eroi del loro tempo.
Brutta figura infine anche per la sinistra di Schio, che con un assordante silenzio-assenso non ha mosso un dito contro la medaglia al ‘Teppa’, legittimando di fatto un tributo macchiato di sangue.
Si torna quindi, per effetto della gravissima leggerezza delle istituzioni tutte, dal Ministero, alla Prefettura, al Comune, indietro di molti anni.
E ciò malgrado l’ex sindaco di Schio, Luigi Dalla Via, non certo uomo di destra, abbia predicato per anni, gettando le basi di un percorso di riconciliazione che permettesse di conoscere gli eventi, di riconoscere gli errori, di fondare su queste basi la costruzione del futuro.
Che fare a questo punto?
Servirebbero onestà, trasparenza e, soprattutto, senso delle istituzioni per riportare le cose al loro posto.
In primo luogo, la medaglia al ‘Teppa’, che andrebbe immediatamente revocata. Per questo dovrebbero veramente impegnarsi tutti, Comune, Prefettura, Anpi. Si dia la sensazioni ai cittadini, sempre più attoniti e disillusi, che le istituzioni servono innanzitutto a vigilare perché non si commettano eclatanti ingiustizie.
Se per questo non si ha intenzione di combattere, una volta tanto uniti, si pensi veramente alle dimissioni. Di massa. Perché le responsabilità sono di tutti.
Dimissioni per il Prefetto, giacché non risulta che la prefettura abbia evidenziato il problema al Ministero, che, probabilmente (a voler avere, malgrado tutto, ancora un po’ di fiducia), avrebbe rimediato all’errore. Dimissioni per il sindaco di Schio che ha affermato di non sapere. Dimissioni per l’assessore che ha partecipato convintamente alla cerimonia. Dimissioni per il presidente dell’Anpi e la minoranza di Schio che hanno avuto il coraggio di affermare che il conferimento dell’onorificenza al ‘Teppa’ sarebbe giusto perché costui ha già pagato per quello che ha fatto e quindi, chissenefrega se è un assassino. Secondo il loro concetto, adesso il ‘Teppa’ può essere premiato, come se la vita delle persone potesse essere divisa a pezzi, la parte buona e la parte cattiva.
Si chiedano questi Signori come possa un genitore spiegare ai propri figli che un uomo ha ottenuto una medaglia dopo essere stato condannato a morte per aver commesso una strage. Una medaglia per aver imbracciato il fucile sparando a persone inermi, non esitando nemmeno di fronte alle giovani donne, che perfino i suoi commilitoni erano tentati di lasciar andare.
Nell’eccidio di Schio infatti, quando si dovette decidere la sorte delle donne, pare che proprio ‘Teppa’ sia stato uno di quelli che ha ‘tagliato la testa al toro’, intimando di non risparmiare nessuno. Fu così che tra le vittime ci furono anche quattordici donne, delle quali la più giovane aveva solo 16 anni.
Anna Bianchini