La sospensione del personale sanitario che non si vuole vaccinare contro il Covid è “una scelta doverosa a tutela della salute pubblica”. E va portata avanti anche se rischia di “aggravare ulteriormente la cronica carenza di personale”, perché “in questo momento dobbiamo dare messaggi chiari e non retrocedere di un millimetro nella campagna vaccinale”. Lo afferma il capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale veneto, Giacomo Possamai, secondo cui le Ulss hanno fatto bene ad inviare lettere al personale sanitario non ancora vaccinato chiedendo il motivo della mancata immunizzazione. “La sola via per uscire dalla pandemia è l’immunità di gregge, avere medici o infermieri non vaccinati -e il loro numero è ancora davvero troppo alto- rischia di far ripartire nuovi focolai mettendo a rischio pazienti fragili a cui il siero non può essere somministrato”, conclude Possamai.
Cgil: ‘Il tampone ogni 48 ore penalizza chi si è vaccinato e costo per la comunità’
Consentire al personale sanitario non vaccinato contro il Covid di rimanere in servizio sottoponendosi a tampone molecolare ogni 48 ore “vorrebbe dire dare una bastonata pesantissima alla campagna vaccinale, umiliare coloro i quali, seppur non convinti, si sono vaccinati anche nell’interesse della popolazione più fragile, e riconoscere implicitamente che il tampone, i cui costi sarebbero a carico della collettività, può sostituire la protezione del vaccino”. Lo affermano Ugo Agiollo e Daniele Giordano, rispettivamente segretario della Cgil Venezia e della Fp Cgil Venezia, che rivelano di aver appreso che “vi sono valutazioni in corso” che vanno in questa direzione con lo scopo di non aggravare la carenza di personale sanitario sospendendo chi non si è vaccinato per scelta. “Come Cgil comprendiamo le difficoltà che vi sono nel garantire i servizi e nel dare continuità alle prestazioni, ma era noto da mesi che vi sarebbero stati problemi di questo tipo in merito ai numeri del personale non vaccinato, pertanto serve una riprogrammazione delle attività che permetta al personale sanitario di poter fare le ferie e ai cittadini di accedere alle prestazioni”, affermano i due sindacalisti, che invitano la Regione Veneto a “chiarire al più presto cosa intende fare”, perché “non è assolutamente possibile che ogni Ulss decida per conto proprio”.
Ordinanza di Zaia su chi arriva dall’estero
“Si tratta di un’attività prudenziale che riguarda in particolar modo alcuni Paesi europei per i quali l’Ecdc, l’European Centre for Disease Prevention and Control, segnala delle criticità”, spiega Zaia. “Peraltro anche in Veneto abbiamo casi di positività al rientro, poi trasmessa a soggetti che finiscono in ospedale oppure in terapia intensiva. In via di estrema cautela per la salute dei cittadini, per chi rientra da questi Paesi Europei, e che non è vaccinato, si fa obbligo di effettuare un tampone, dando l’opportunità di effettuarlo, o all’arrivo in aeroporto, o in uno dei centri tampone del territorio”. Si tratta di “un lavoro di prevenzione”, conclude Zaia. “Vediamo che la campagna vaccinale sta funzionando anche in relazione ai soggetti ricoverati. Perciò è necessario che tutti ci mettiamo d’impegno nel collaborare per mantenere viva l’azione di screening nella popolazione”