‘Una situazione preoccupante che deve investire tutte le istituzioni’. A quasi un mese dal consiglio regionale straordinario nel quale il Governo regionale aveva parato i colpi della minoranza, tornano a far discutere i Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche riscontrate nelle acque di falda di ben 79 comuni tra le province di Padova, Vicenza e Verona, sono stati presentati oggi i primi risultati derivanti dallo studio di biomonitoraggio che la Regione ha realizzato con l’Istituto Superiore di Sanità.
A renderli noti l’assessore alla sanità Luca Coletto, il direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan, Francesca Russo del settore promozione e sviluppo igiene e sanità pubblica della regione, Loredana Musmeci dell’Istituto superiore di sSanità, Marco Martuzzi dell’organizzazione mondiale della sanità, il direttore del registro tumori del Veneto Massimo Rugge, il commissario dell’Arpav Alessandro Benassi. E’ stato quindi affrontato con gli esiti alla mano il problema che grava sull’ambiente e sulla salute dei 400 mila veneti residenti nelle tre province colpite, ma che a cascata tramite la filiera alimentare potrà interessare un bacino di persone ben più ampio.
Non senza sottolineare la complessità del problema su tutti i fronti, sanitario-ambientale-giuridico, dall’incontro urge la necessità di agire in maniera integrata con le aziende sanitarie del territorio, il dipartimento ambiente, l’arpav, in concerto col Ministero della salute e dell’Iss.
Dal comunicato stampa emesso da Palazzo Balbi emerge la gravità della situazione che ripetutamente in passato era stata rilevata dall’Isde, associazione italiana medici per l’ambiente, dalle minoranze del consiglio regionale che si erano visti accusare di ‘terrorismo’ proprio nella seduta straordinaria di un mese fa.
Questo quanto si legge nel comunicato stampa della Regione “I risultati preliminari sotto forma di analisi statistiche aggregate presentati oggi confermano la presenza di tali sostanze nell’organismo dei soggetti dell’area di maggiore esposizione, identificata con l’Ulss 5 di Arzignano e, in misura minore, con l’Ulss 6 di Vicenza, in quantità statisticamente significative rispetto all’area di controllo (parte dell’Ulss 6 di Vicenza non interessata, Ulss 8 di Asolo, Ulss 9 di Treviso, Ulss 15 Alta padovana e Ulss 22 di Bussolengo). Le prime elaborazioni preliminari sembrano confermare che la individuazione delle aree dei Comuni esposti e non esposti, sulla base dei livelli di PFAS nelle acque con potenziale uso umano, sia adeguata con il disegno dello studio di biomonitoraggio, in accordo con i dati di letteratura che indicano le “acque” come via principale di esposizione ai PFAS. A seguito di questi risultati, la Sanità regionale attuerà tutte le azioni che si renderanno necessarie, oltre a quelle già intraprese, per rafforzare la sorveglianza sanitaria e la presa in carico della popolazione esposta secondo il modello della gradazione del rischio”
Non si è fatta attendere di Cristina Guarda, consigliera regionale per la lista Moretti, promotrice del consiglio regionale straordinario dedicato interamente alla questione, dove invita fortemente la Regione ad agire fattivamente, senza sperpero di tempo e di soldi, a tutela della salute dei suoi cittadini e dell’ambiente.
“Ora smettiamola di pagare costi assurdi per i filtri negli acquedotti. La Regione faccia finalmente la sua parte, cambiando le fonti di approvvigionamento dell’acqua potabile così come chiesto dalla sottoscritta e dalle minoranze. Un appello rimasto finora inascoltato, visto che neanche un euro è stato messo a bilancio per studiare una simile soluzione. E intanto i Veneti continuano a bere acqua che potrebbe essere molto pericolosa per la loro salute”.
Gli esiti del monitoraggio ematologico resi noti dalla Regione hanno confermato la presenza massiccia dei Pfas e Pfoa nelle falde acquifere delle province di Vicenza, Verona e Padova. “Le analisi del biomonitoraggio “ continua la consigliera Guarda “hanno purtroppo confermato quanto già si sapeva, ossia che l’acqua è la principale fonte di esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche. Ma si tratta di risultati molto preoccupanti, perché soprattutto per quel che riguarda il territorio dell’Ulss 5 Ovest Vicentino indicano valori molto superiori alla mediana del territorio dell’Ulss 6 Vicenza e ancora più alti rispetto alle zone abitate da cittadini non esposti. Ecco perché non è sufficiente installare i filtri negli acquedotti. Occorre modificare le fonti di approvvigionamento, spostandole a monte delle aziende responsabili degli inquinamenti, e bisogna intervenire urgentemente perché tutti i pozzi privati delle zone interessate vengano chiusi e i cittadini che li usano vengano collegati ad una rete acquedottistica sicura. Penso soprattutto agli agricoltori, che sono la categoria sicuramente più esposta al problema”.
Non ultimo l’invito di Cristina Guarda alla Regione di migliorare i metodi di comunicazione ed informazione sulla grave questione di inquinamento ambientale da Pfas, criticando il fatto che il consiglio regionale sia venuto a conoscenza degli esiti del monitoraggio a mezzo stampa senza alcun confronto, magari limpido come dovrebbe essere l’acqua pura.
Solo di qualche giorno fa, la delusione malcelata con la quale a Vicenza il sindaco Achille Variati emetteva un’ordinanza a tutela della salute pubblica che va a sostituire le precedenti firmate nel 2013 e nel 2014, nelle quali scatta l’obbligo di anali dei pozzi ad uso potabile, alimentare per uso umano e, questa la novità introdotta rispetto alle precedenti ordinanze, il controllo dei pozzi che le aziende zootecniche utilizzano per abbeverare gli animali.
Durante la conferenza stampa, il sindaco non celato la sua delusione per come a livello regionale si sia fatto dopo il consiglio regionale straordinario “Delusione che nasce poiché di fronte a questo vasto inquinamento di ordine regionale, ci si aspettava che l’ordinante principe di una ordinanza fosse proprio la Regione Veneto” dichiara Variati “Ancora una volta sono i sindaci che si mettono in prima linea, al posto dell’organo di competenza in questo caso la Regione, per affrontare questa emergenza ambientale”.
Ma non solo, un malcelato sconforto del sindaco di Vicenza quando sottolinea le mancate risposte alle più richieste che la sua amministrazione ha fatto alla Regione “Non abbiamo mai ricevuto risposta alle nostre lettere di richiesta nella quale chiedevamo che i costi di queste analisi venissero assunti dal sistema pubblico”.
Morale della favola, scatta l’obbligo per i privati colpiti da ordinanza di eseguire le analisi dei propri pozzi e si devono far carico dei costi relativi, per garantire e tutelare la salute pubblica, a fronte di un inquinamento che non hanno provocato.
Non ultimo l’invito di Cristina Guarda alla Regione di migliorare i metodi di comunicazione ed informazione sulla grave questione di inquinamento ambientale da Pfas, criticando il fatto che il consiglio regionale sia venuto a conoscenza degli esiti del monitoraggio a mezzo stampa senza alcun confronto, magari limpido come dovrebbe essere l’acqua pura.
Paola Viero