La capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale, Erika Baldin, dice un secco no all’ipotesi -ventilata sugli organi di stampa veneti – di un “ridimensionamento” delle prestazioni specialistiche e degli esami ambulatoriali richiesti dai medici di base, per far fronte all’ormai cronico prolungamento delle liste d’attesa nella sanità veneta.
L’idea sarebbe emersa lunedì, nel corso dell’incontro tra l’assessora regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, e i direttori generali delle nove ULSS: a quanto si è appreso, questi ultimi dovrebbero utilizzare maggior appropriatezza ed evidenza nelle prescrizioni, di modo da indicare solo le visite strettamente necessarie.
«Non sono d’accordo con questa impostazione -spiega la consigliera- perché significherebbe abbassare l’asticella di quanto la pubblica amministrazione ha il dovere di fare per la cittadinanza, in primis per garantire il diritto alla salute, come da dettato costituzionale. Sarebbe più facile dire addio alla prevenzione, con evidenti rischi per la collettività, lo dimostra la recente pandemia. Quando si rinuncia a difendere il bene comune a livello universalistico, ovvero per tutte e tutti, aumentano in parallelo le ricadute sociali e quelle economiche. Spero sia stata solo una boutade».
A metà febbraio erano 170mila le prestazioni ancora da erogare da parte della sanità pubblica in Veneto, 20mila delle quali accumulate durante il 2020 e il 2021: quel che più preoccupa è che non ci sia ancora una data prevista per la fine di questa emergenza. «Forse la Regione spera che nel frattempo le pazienti e i pazienti si rivolgano al privato -argomenta Baldin- pur di dire di aver smaltito le liste di attesa. Ma poche persone possono permettersi tale modello, e questo dev’essere chiaro anche a chi ha la responsabilità di amministrare. Anzi, l’applicazione ViviVeneto dev’essere attivata molto presto, così che diventi possibile prenotare anche al di fuori della propria ULSS territoriale».
L’esponente del M5S prende atto della costituzione di un tavolo di lavoro e dell’avviato monitoraggio relativi alle liste, ma chiede che venga accelerato l’iter del progetto di legge regionale, a propria firma, mirato a ridurre i tempi per l’erogazione delle prestazioni nella sanità pubblica: «Qualora questo mio progetto diventasse legge, chi non riceve nel pubblico la prestazione a cui avrebbe diritto, entro i termini stabiliti dal medico di base, potrà ottenerla in regime di libera professione intramuraria, pagando lo stesso identico ticket e con la differenza in capo all’ULSS. Nell’impegnativa ciò dovrà essere scritto a chiare lettere. E nel caso in cui le liste di attesa superino abbondantemente il limite previsto dalla prescrizione -conclude Erika Baldin- si potranno temporaneamente limitare le prestazioni private intramurarie, restituendo alla sanità pubblica la sua centralità. Questo significa occuparsi di sanità soddisfacendo un diritto universale, non rinviare per la terza volta l’approdo in commissione della riforma delle IPAB, che ormai ogni altra Regione ha compiuto».
Comunicato Stampa