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Medici di base, 132 le zone carenti nella sola provincia di Vicenza. L’esercito dei prossimi pensionati ed un futuro nero

Il 2023 e il 2024 saranno gli anni-record per numero di medici di medicina generale operanti sul territorio veneto che lasceranno l’attività lavorativa per andare in pensione. Un fenomeno che, guardando nel lungo periodo, porterà in meno di quindici anni ad una fuoriuscita di oltre 1.900 professionisti. A questo si aggiunge l’evoluzione demografica che vedrà diminuire in termini assoluti la popolazione veneta ma con un aumento degli over 75 (dal 12,3% del 2021 al 17,7% nel 2041). Ad ampliarsi sarà anche la fascia 65-74 che passerà dall’11,5% del 2021 al 16% nel 2041. Si tratta di cambiamenti demografici che avranno conseguenze in diversi ambiti sanitari. E sicuramente nella richiesta di prestazioni di medicina generale.

Questi sono alcuni dei dati salienti dello studio commissionato dal  gruppo consiliare regionale del Partito Democratico e dedicato ai medici di medicina generale in Veneto. Un lavoro di elaborazione dati, realizzato dai ricercatori Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peron, che è stato illustrato, con un focus riguardante il vicentino, in occasione di una conferenza stampa.

Tra i dati salienti riguardanti i territori delle due Ulss vicentine, quello relativo all’età dei medici di medicina generale. Su un totale di 540, quelli under 55 (263) rappresentano il 48,7% mentre gli over 55 (277) sono il 51,3%. Si stima che il totale dei medici di medicina generale pensionandi in Veneto tra il 2021 e il 2035 sarà di 1921, di cui 283 in Provincia di Vicenza. E ancora: dal 2001 al 2021 il numero degli abitanti in Provincia di Vicenza è cresciuto passando da 794.977 a 852.861 e la popolazione over 65 è arrivata ad essere il 22,8% del totale.

Tra le altre cifre di rilievo, la presenza nel vicentino di 132 zone carenti, seconda area veneta in negativo dopo quella veronese.

Tra le misure in grado di garantire un adeguato turn over c’è quella legata agli investimenti sul fronte della formazione dei medici di medicina generale e dunque alle borse. Ma anche in questo caso il Veneto appare in forte ritardo. Addirittura all’ultimo posto se si considera il criterio del numero di borse di formazione per ogni 1.000 abitanti.

L’attacco di Possamai

Il giudizio del capogruppo, Giacomo Possamai, è netto: “Questo scenario è il frutto di una mancata programmazione della Regione. Quando si poteva ottenere quel che si chiedeva, il Veneto non ha chiesto abbastanza. E quando la coperta è diventata corta, e si otteneva dallo Stato meno di quel che serviva, alcune Regioni hanno scelto di mettere risorse proprie. Ora siamo davanti ad una tempesta perfetta, con il rischio enorme di rottura del sistema di medicina generale entro i prossimi due-tre anni”.

Possamai ha quindi delineato le proposte dei Democratici: “Chiediamo innanzitutto investimenti per rafforzare il fronte degli ambulatori e quello del personale di segreteria e infermieristico, a sostegno dei medici, per agevolare l’attivazione di medicine di gruppo, medicine di gruppo integrate e micro-team. Ma fanno parte del pacchetto anche gli incentivi ai medici che lavorano e scelgono di lavorare in aree disagiate, assieme alla predisposizione di un adeguato numero di borse per la formazione dei MMG (almeno 600 nei prossimi due anni, 1200 nei prossimi 5)”.

Tra gli altri interventi ritenuti indispensabili dal PD, gli stanziamenti a favore della telemedicina e dell’ammodernamento tecnologico; l’introduzione della specializzazione universitaria, rendendo maggiormente attrattiva la professione, dotandola di margini più ampi in termini di possibilità di carriera; l’accelerazione nell’attivazione delle Case di Comunità̀ e nella riorganizzazione del sistema delle cure primarie.