“No” al requisito della residenzialità di cinque anni per l’accesso alle case popolari. La Corte costituzionale si è pronunciata così in merito alla previsione normativa del Veneto. “Prendo atto della sentenza, ma non la condivido, per onestà intellettuale e storia personale”, commenta Luca Zaia, presidente del Veneto, rivendicando la scelta fatta in regione di “premiare chi, cittadino italiano o cittadino straniero non fa differenza, nella nostra terra ha un progetto di vita. Penso che la nostra norma non sia affatto una legge che esclude, tutt’altro: è stata voluta per favorire inclusione e senso di comunità. L’abbiamo pensata per chi vuole stabilirsi in Veneto con la propria famiglia, avviare un percorso di vita, iniziare un’attività lavorativa, mandare i propri figli nelle nostre scuole con la prospettiva di mettere radici. Non per chi arriva oggi e pretende gli stessi diritti chi risiede in Veneto da tempo, contribuendo anno dopo anno alla società e all’economia”. Invece ora, “per la proprietà transitiva questa sentenza potrebbe far sì che i cittadini italiani o gli stranieri residenti da almeno cinque anni in Italia avranno gli stessi diritti, a parità di condizione e di requisiti, di chi magari non ha un progetto di vita e chiede semplicemente un alloggio, quasi fosse un ostello, per poi trasferirsi altrove. Prendiamo comunque atto della sentenza della Corte costituzionale, in attesa di poterne valutare le conseguenze dell’applicazione”, afferma il presidente in una nota.
Zaia afferma che la residenzialità, specie se nelle abitazioni pubbliche “pagate dalla collettività, non può basarsi su un criterio di ‘sliding door’, ma deve premiare invece che pensa ad un futuro dove sceglie di risiedere. Penso, ad esempio, che un cittadino straniero che risiede in Veneto da diversi anni, e qui ha posto le basi per il futuro della propria famiglia, abbia certamente più diritti di chi è arrivato ieri e acclama identiche pretese. È questo il nostro concetto di difesa della dignità, dare diritti a chi dimostra di volerli espletare nel tempo, accompagnati dall’impegno verso la comunità: la stessa cosa vale, ovviamente, per i cittadini italiani che fanno richiesta di alloggi pubblici. L’impegno nel tempo non può essere a mio parere soppiantato da un ideale di presunta universalità del diritto alla casa, citato dalla Corte Costituzionale”. Meglio valutare e premiare “con pragmatismo e serietà chi davvero vede l’abitazione come base per lo sviluppo di un progetto di vita, non chi la usa come mera sistemazione in attesa di muovere verso altri territori e altri progetti”.