La miniserie ‘La Sposa’ di Rai Fiction non è piaciuta al presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti. “È un esempio di cancel culture che va contro la realtà storica e insulta in modo inopportuno il Veneto“, afferma. “Se vogliamo parlare di matrimoni per procura e la loro dura e triste realtà credo che basterebbe rivedere ‘Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana’ di Luigi Zampa, con un Alberto Sordi a dir poco strepitoso. Basta quel film per dimostrare la pochezza della serie”, continua Ciambetti secondo cui “pensare a un matrimonio per procura a fine anni ’60 di una giovane calabrese con un ricco ma rozzo discendente di un agricoltore vicentino è, a dir poco, un azzardo se non una provocazione senza senso e lontanissima dalla realtà storica”. Tra le imprecisioni della serie c’è il fatto che “agricoltori non dico ricchi, né benestanti, ma anche solamente non poveri, non in Veneto ma ovunque in Italia, Calabria compresa, non avevano di certo bisogno di ricorrere ai matrimoni per procura per sposarsi”, esemplifica Ciambetti. “‘La Sposa’ non regge neanche se pensiamo a cosa sul finire degli anni ’60 stava accadendo nel vicentino, quando gli operai di Schio, Arzignano e Valdagno vivevano la stagione delle battaglie operaie e tanti vicentini ancora emigravano verso la Germania, la Svizzera, il Venezuela, il Brasile e l’Australia”, prosegue. “I dati statistici dell’emigrazione interna con i flussi da Sicilia, Calabria, Puglia e Campania verso il triangolo industriale, Torino-Milano-Genova s’intrecciano con l’emigrazione dalla fascia pedemontana e collinare del Veneto verso Lombardia e Piemonte: certo, c’erano i terroni e noi eravamo i polentoni, ovvero i terroni del Nord”.
Insomma, “la serie ‘Rai Tv’ è un falso storico che nuoce invece al racconto di una tragedia vissuta da molte italiane: paradossalmente i suoi cliché grotteschi e stereotipati mettono in ridicolo non solo i vicentini o i veneti, ma anche i calabresi e le donne calabresi e chi visse quella stagione. L’ambientazione e le caratterizzazioni scelte sono scorrette e non fanno giustizia della drammatica pagine dell’emigrazione, una pagina scritta anche dai Veneti e non certo con i toni scelti nella fiction televisiva della ‘Rai'”, conclude Ciambetti. “Siamo davanti a una sorta di cancel culture alla rovescia, una provocazione assurda”.
La fiction
La nuova fiction “La sposa” è iniziata il 16 gennaio ed ha come protagonisti principali Serena Rossi nel ruolo di Maria e Giorgio Marchesi nel ruolo di Italo.
La storia è ambientata nell’Italia degli anni Sessanta, epoca di grandi cambiamenti sociali in tutti i settori, ed è ancora molto attuale: Maria, giovane donna calabrese, per garantire un futuro migliore alla sua famiglia, deve accettare il “matrimonio per procura” con un rude agricoltore vicentino in lutto per la scomparsa della prima moglie.
Il radicale cambiamento da Nord a Sud, l’ostilità del marito e le difficoltà di integrarsi nel nuovo ambiente non abbattono tuttavia la protagonista, donna tenace e resiliente che saprà lottare per l’emancipazione femminile, la parità di genere e il rispetto delle differenze socio-culturali.
La critica
‘È una serie che parla del nostro passato ma anche del nostro futuro, perché se non vedi il tuo passato non puoi immaginare il futuro – ha detto la napoletana Serena Rossi – In Maria ho rivisto mia nonna, mancata durante le riprese. Ho dedicato la serie a lei e a tutte le nonne italiane che hanno fatto grande questo Paese. Le donne di ieri hanno spianato la strada a quelle di oggi. “La Sposa” parla di persone semplici, di dignità e voglia di faticare; ma soprattutto di emancipazione femminile e accoglienza verso il diverso. Ma c’è ancora molto da fare. E a proposito di affermazione femminile, l’attrice esprime il suo sogno: una donna al Quirinale’.
La Fiction La Sposa – riporta la nota stampa Endemol – è una struggente storia d’amore, un toccante racconto di riscatto femminile e familiare ambientato alla fine degli anni Sessanta e ispirato al fenomeno dei “matrimoni per procura” – all’epoca ancora diffusi in alcune zone del nostro Paese – in cui giovani donne del Sud venivano date in sposa a possidenti del Nord Italia, per lo più agricoltori.
di Redazione AltovicentinOnline