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Calvene. Il ‘sussulto’ di Finozzi: ‘La Lega di oggi sovranista e appiattita all’assistenzialismo scellerato’

E’ una di quelle prese di posizione che non passa inosservata, una critica più amara che polemica quella che ha visto Marino Finozzi commentare l’ultima strategia politica in casa Lega.

Classe 1961, iscritto alla Liga Veneta nel 1986, Finozzi è stato in Consiglio Regionale del Veneto sino alle sue improvvise dimissioni nel giugno 2018: un addio senza strali benchè furono in molti a sostenere che il suo grande feeling con Flavio Tosi lo avesse penalizzato,  specie con la cacciata dell’ex sindaco di Verona dopo la rottura con Salvini.

Una passione ed un amore, quello per la politica, che non lo ha mai abbandonato e che molti amministratori e molti elettori gli hanno sempre contraccambiato riconoscendo in lui non solo un punto di riferimento, ma l’uomo coerente del fare e della presenza a favore del territorio, che con il suo attivismo ha contribuito ad accrescere la popolarità del Carroccio in tutto l’alto vicentino.

“Ho molto rispetto dei tanti amici che ancora oggi militano in quella che fu Lega Nord”- scrive l’ex politico originario di Calvene – “molti di loro, nonostante il vecchio movimento autonomista sia stato trasformato in un partito sovranista, vi partecipano in buona fede e quando stamattina, sul Corriere della Sera ho visto questo, il primo pensiero è andato a loro. Immagino cosa possono provare di fronte a questo simbolo che non può in nessun modo essere compatibile con i 30 anni di storia della Lega Nord. Movimento nato come sindacato del nord Italia per tentare di dare un assetto federalista a questo paese dove le diversità, se evidenziate, sono una forza, altrimenti una politica di appiattimento sul assistenzialismo scellerato, molto utilizzata in questi anni, vedi reddito di cittadinanza e bonus monopattino eccetera, porta a paradossi dove centinaia di migliaia di cittadini vivono di assistenza e le attività imprenditoriali non trovano manodopera”.

Parole che sono subito riecheggiate nei palazzi della politica vicentina e veneziana dove il malumore è poco più che mal celato verso le scelte della dirigenza nazionale di una Lega sempre più proiettata ad inseguire il modello lepeniano di partito ultranazionalista, distante da quelle istanze e da quella causa federalista ormai nascosta sotto il tappeto.

Non casuali, al proposito, gli attestati di stima e i commenti di approvazione di tanti leghisti doc, tra tutti l’ex deputato Filippo Busin che riallacciandosi al ragionamento dell’amico di tante battaglie rincara la dose: “La Lega Nord è morta nel 2018, la Lega Salvini Premier è un comitato elettorale con l’unico obiettivo, dichiarato nel simbolo, di portare Salvini alla carica di Primo Ministro, obiettivo mancato. Questo nuovo partito, Prima l’Italia, sarà un flop peggio di quello di Brugnaro con Coraggio Italia o di Renzi con Italia Viva. Sono tutte copie sbiadite di Fratelli d’Italia e uno alla fine preferisce sempre l’originale”.

Una delusione totale quella di molti fazzoletti verdi della prima ora, mitigata solo dalla speranza, come esplicitato da Finozzi, di una ‘rivoluzione’ guidata da Luca Zaia che non a caso ha sempre ritagliato per sè stesso e per le sue azioni pubbliche un binario laterale rispetto a quello del leader Salvini.

E per scoprire se questo scossone sarà solo il moto d’animo di un nostalgico o, come auspicano in molti, il ritorno in campo di mister 6400 preferenze – quelle raccolte nel 2015 durante l’ultimo impegno in regione – non resta che attendere la fine del governo a larghe intese guidato da Draghi.

M.Z.