“Una vergogna vendere alcol in una struttura che ha il compito istituzionale di curare e prevenire le malattie!” e la forza dell’applauso non ha fatto che confermare le forti preoccupazioni delle persone toccate direttamente dal grave problema dell’alcolismo di fronte all’attuale impasse tra Ulss 4 e azienda concessionaria riguardo alla vendita di alcol nel bar del nuovo ospedale di Santorso.
Di questa ennesima conseguenza del project financing che ha portato alla costruzione del nuovo ospedale di Santorso si è discusso ieri mattina, durante un incontro-dibattito che si è tenuto a Carrè. L’Acat Valori Nuovi in prima linea per porre rimedio alla vendita di alcolici al bar della nuova struttura sanitaria. Un confronto tra chi combatte strenuamente per arginare e debellare la piaga-alcol ed il mondo istituzionale, che ha mostrato sensibilità e disponibilità nell’affrontare il problema. “Dobbiamo far conoscere i problemi dell’uso e abuso dell’alcol – è stato ribadito dagli esponenti dell’associazione– perché noi che siamo qui li conosciamo benissimo, ma sono quelli di fuori, le istituzioni e tutti gli altri che devono sapere quali drammatiche conseguenze porta l’alcolismo”.
Oltre un centinaio tra familiari e rappresentanti delle istituzioni erano presenti ieri mattina, nella palestra di Carrè, per confrontarsi e ascoltarsi, per capire a che punto è la trattativa tra Ulss 4 e il concessionario del bar in ospedale.
Alberto Leoni, dirigente servizi sanitari Ulss 4 Alto vicentino, ha spiegato che “la negoziazione non è facile. È complesso il project finanzing, stiamo trattando con determinazione la rivisitazione del contratto e nonostante le difficoltà tutta la dirigenza sanitaria sta affrontando con responsabilità questo problema, con una lettera alla Summano Sanità, datata lo scorso giugno’. Nelle prossime ore, si terrà un incontro tra il direttore generale Ermanno Angonese e i gruppi territoriali alcologici. “Vi chiedo un po’ di pazienza” , ha concluso Leoni.
Ma la pazienza non è di questa gente che ha vissuto sulla propria pelle, direttamente o indirettamente in famiglia, il dramma, la sofferenza, la frustrazione del problema dell’alcolismo.
Non è neanche di molta consolazione sapere che questa insana contraddizione, cioè vendere alcolici dentro l’ospedale, è presente anche negli ospedali di Mestre e di Belluno. Il titolo dell’evento, “Responsabilità in svendita”, era chiaramente provocatorio ma chiaro segno di una preoccupazione della Acat Valori nuovi di Thiene e Acat pedemontana di Schio che hanno scoperchiato il vero nodo del contendere: il valore di 70.000 euro di ricavo dell’esercizio commerciale interno alla struttura sanitaria. La loro forza non sta solo nel dramma umano delle persone coinvolte ma anche nella legge che afferma come “esistano in Italia delle attività lavorative per le quali è fatto assoluto divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.Tra queste le mansioni sanitarie svolte in strutture pubbliche e private”. Le associazioni sono altrettanto provocatorie quando scrivono: “chissà se il Direttore Generale ‘in caso di bisogno’ sarebbe tranquillo nel farsi operare da un chirurgo che prima ha bevuto in mensa e poi al bar (sapendo che è personale obbligato dalla legge all’alcolemia zero)”.
A fianco dei cittadini si è schierato fin dal suo saluto iniziale il sindaco di Carrè, Mario Dal Cero, confermando il proprio impegno pubblico “a portare a soluzione questo problema insieme alla conferenza dei sindaci dell’Alto Vicentino”, a cui fa sèguito il sindaco di Thiene, Gianni Casarotto, che ha parlato di una “grave incoerenza e grave responsabilità sociale dell’azienda sanitaria”.
“Non ci sono scuse e non si può più attendere oltre” hanno chiesto tutti i partecipanti all’evento, perché la “crisi ha aggravato il problema”, ha spiegato Laura Ganassin, assistente sociale di Carrè. “Vediamo un aumento di richiesta di aiuto economico, e la solitudine, lo stress, il senso di impotenza diventano un terreno fertile per la debolezza, fanno aumentare il rischio di scelte sbagliate, erronee e aprono la porta alle dipendenze”.
Le preoccupazioni sono diventate concrete e toccanti quando hanno preso voce le testimonianze di uomini, donne e figli che hanno raccontato le loro esperienze dirette con l’alcol. Un momento decisamente forte ed emozionante, che ha svelato i risvolti dolorosi dell’alcol, di quanto questa malattia possa distruggere la dignità, le relazioni personali e familiari, gli affetti. A loro e ad altri partecipanti è stato consegnato il certificato di astinenza, chi da un anno, chi da due, tre, cinque o anche dieci anni. Un risultato di grande soddisfazione ed orgoglio.
Uno sguardo alle nuove generazioni è stato dato da Mario Porto, dirigente scolastico del comprensorio, che ha lanciato il grido d’allarme sull’abbassamento della soglia di età. “Oggi vediamo che l’età di ingresso all’uso e all’abuso di alcol, fumo, sesso e cibo si è abbassata fortemente. Dobbiamo fare attenzione ed impegnare maggior forza nella lotta della prevenzione”. La forza dell’educazione della persona deve proseguire con impegno e sinergia con tutti gli attori sociali.
Michele Trabucco