Accantonata l’incombenza del nome del futuro paese, battezzato ufficiosamente Colbregonza, le due amministrazioni di Carrè e Chiuppano ripartono con la promozione della fusione in un consiglio congiunto discusso lunedì nell’aula magna delle scuole ‘N. Rezzara’.
E questa volta a partecipare alla discussione politica sono stati i ragazzi del paese, rappresentati dal consiglio comunale dei ‘piccoli’, chiamati anche loro a dare una opinione spassionata sulla futura fusione dei due paesi.
‘I risultati dell’affluenza durante il referendum per la scelta del nome – ha esordito il sindaco di Carrè Davide Mattei, appoggiato dal sindaco di Chiuppano Giuseppe Panozzo – non sono stati eclatanti, dobbiamo fare tesori di questo segnale. E’ chiaro che c’è una difficoltà di partecipazione civica attiva. Stiamo lavorando per uscire dalle stanze del comune ed entrare in paese, non possiamo ignorare questi dati negativi, per questo è importante che anche voi ragazzi capiate che la fusione non cancella la storia dei due paesi, che sta al di sopra del discorso amministrativo’.
Dalle parole dei ragazzi la spontaneità esce di getto, senza timori reverenziali. ‘Io non so cosa è meglio per i due paesi – ha detto semplicemente il baby sindaco Desirè Graffeo – e se ascoltiamo i ragazzi di Chiuppano dicono che è meglio Chiuppano, se ascoltiamo quelli di Carrè dicono che è meglio Carrè… io dico che è interessante votare solo per sapere cosa succederà dopo’.
‘Io vorrei tanto che rimanesse Chiuppano – ha detto con semplicità un’altra studentessa agli amministratori, presenti anche tra il pubblico – ma se arrivano i soldi è un bene per i due paesi’.
Soldi che permetterebbero, ribadiscono i due sindaci, la realizzazione di opere pubbliche altrimenti impossibili da finanziare con le casse comunali. ‘Avete in mano uno strumento importantissimo – hanno ribadito a due voci Mattei e Panozzo – il diritto di voto, un dono del quale dovete essere consapevoli di usare perché con quello deciderete il vostro futuro. Contiamo su di voi perché ci insegnate a tornare a pensare in maniera civica, che la famiglia non è isolata ma fa parte di una comunità’.
Marta Boriero