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Quando il cittadino accetta che chiunque gli capiti in casa……

Ciclicamente torna in voga il dibattito relativo alla cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia e come sempre il tema non viene affrontato sulla base delle reali esigenze dei cittadini stranieri ma secondo inclinazioni ideologiche che poco hanno a che vedere con gli autentici bisogni degli stessi immigrati. In effetti, siamo al cospetto di un falso problema, perché gli immigrati che lavorano nel nostro Paese godono delle medesime  tutele sociali e dei medesimi diritti civili di un cittadino indigeno. Per quanto riguarda i diritti politici le normative europee consentono ai cittadini stranieri-comunitari residenti in Italia di votare alle elezioni comunali e alle elezioni europee.

 

Detto questo, a mio avviso è sacrosanto ribadire il concetto che il diritto di cittadinanza è una questione congiunta all’identità intrinseca nei costumi e nelle tradizioni di un popolo. Chi non comprende questa riflessione elementare è come se sostenesse che la cittadinanza di un Paese africano, piuttosto che del sud-est asiatico, ha meno valore di quella italiana. Bisogna dire che la sinistra ha proprio uno strano modo di rispettare le specificità e le identità dei popoli. Ma tant’è!

Per piddini e compagni la concessione della  cittadinanza attraverso il principio dello “ius soli” è una questione di civiltà,  anche se le vere motivazioni temo siano molto più ciniche e speculari di quanto facciano credere.

Tuttavia, con gli arcinoti problemi che l’Italia e la sua classe politica si trovano a dover affrontare, credo siano altre le priorità da affrontare; e poi bisogna smetterla con la caccia alle streghe per chi la pensa diversamente, perché non esiste nessuna discriminazione nel pretendere che l’ottenimento della cittadinanza sia il compimento di un articolato percorso di  integrazione e di adesione ai valori della Repubblica italiana e non un automatismo connesso alla nascita.

 

Alex Cioni