Prima mamma e papà che si chiudono in un’altra stanza e, quando va bene, bisbigliano. Quando invece va male partono le urla e il litigio è conclamato e non è difficile, nemmeno per un bambino, comprendere che c’è un problema. Poi arriva il giorno che viene ‘convocato’ e i genitori gli spiegano che le cose ‘da oggi in poi’ cambieranno. Così arriva anche il tempo dei bagagli e allora tutto ‘è reale’ e ‘le cose saranno diverse’.
Non è nemmeno infrequente che il minore, senza strumenti per metabolizzare lo tsunami che si è abbattuto sulla sua famiglia, finisca per colpevolizzarsi e credersi causa dei litigi tra mamma e papà.
Ma c’è un libro voluto, curato e finanziato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) e presentato al Maxxi di Roma che vuole offrire a queste famiglie la ‘cassetta degli attrezzi’ per sostenerle in un momento delicato della loro esistenza e a far comprendere alle mamme e ai papà che “separarsi bene” aiuta i figli a vivere meglio.
Le immagini del libro, costituito da 80 pagine, sono state selezionate dallo staff del Consultorio familiare dell’Università Cattolica nella sede di Roma da un repertorio di circa mille disegni, sono state inserite in un prodotto grafico, firmato da Antonella Abbatiello e Stefano Baldassarre, che ha valorizzato l’espressività dei bambini. Ad accompagnarle i commenti elaborati dal gruppo di esperti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
La separazione vista con gli occhi dei più piccoli però è tutta un’altra cosa rispetto alla visione adultocentrica l’unica spesso presa in considerazione .
“I bambini (figli di genitori separati, ndr) vedono stravolta la loro vita. Forse cambieranno: la casa, la scuola e dunque la loro quotidianità, mentre invece avrebbero bisogno di avere dei punti fermi ed è per questo che non è infrequente che provino sentimenti come la rabbia, l’incertezza e la paura. La conflittualità spesso c’è ma bisogna fare in modo di ‘separasi bene’.
Lo ha detto Carla Garlatti, Autorità garante dell’infanzia e l’adolescenza aprendo la conferenza stampa di presentazione che si è tenuta questa mattina al Maxxi di Roma del volume ‘Perché proprio a me?’.
“Le relazioni cambiano- aggiunge Garlatti-, ma il messaggio da veicolare, attraverso il libro, è che se coppia non si può più essere genitori si rimane. I bimbi devono sapere che i due genitori ci saranno sempre e che continueranno ad amarli. Nel volume ci sono frasi emblematiche di come si sentono questi bambini e per riassumere possiamo dire che si sentono spesso ‘strattonati’ o ‘non ascoltati’”.
“È doveroso per i genitori continuare a mettere al centro il superiore benessere e i diritti dei bambini”, ha concluso Garlatti.
Il sostegno a figli dei separati arriva dai Gruppi di Parola costituiti da esperti in grado di prendere in carico le necessità psicologiche dei bimbi che attraversano un percorso del genere.
“C’è stato un tempo in cui la letteratura scientifica sosteneva che ‘i figli dei divorziati’ non soffrissero in modo particolare per la separazione dei genitori. Si riteneva infatti che avessero una ricchezza maggiori di relazioni, ma grazie ai progressi proprio della letteratura scientifica e a progetti ‘longitudinali’ si è capito che bisognava dare voce al dolore che il divorzio provoca. È solo smettendo di censurare il dolore e negare la sofferenza che è possibile pensare a interventi specifici e a questo punta il lavoro dei Gruppi di parola (veri e propri gruppi dove i bambini ‘interagiscono’ con esperti, ndr.)”.
Lo ha detto attraverso un videomessaggio la professoressa Raffaella Iafrate, pro-rettrice dell’Università Cattolica e delegata del rettore per le pari opportunità.
“Questo volume- ha concluso l’esperta- rappresenta una toccante testimonianza che i figli delle famiglie separate vivono sentimenti intrisi di paura, senso d’ingiustizia con un elevato rischio di adultizzazione e successiva perdita di fiducia nei legami ma anche che tali ragazzi, attraverso il lavoro con i Gruppi di parola, possono ritrovare la fiducia nei legami che le separazioni ‘trasformano’”, ha concluso Iafrate.
Le emozioni più comuni tra i figli dei separati e divorziati. “Il senso di colpa è l’idea di non essere stati abbastanza buoni o diligenti. Spesso i bambini ascoltano i genitori discutere o urlare e pensano che i litigi sia dovuti a loro. È un pensiero che rimane nei bimbi anche se i genitori gli dicono che non è così”.
Lo ha detto Paola Cavatorta, Direttore del Consultorio familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore nella sede di Roma.
Ma in cosa consiste il lavoro dei Gruppi di parola?
“I Gruppi di parola sono costituiti da esperti che e si articolano in 4 incontri. Ad ogni incontro, della durata di due ore, partecipano fino a 6 bambini tutti coetanei. Nei 4 incontri si toccano varie tematiche con attività che si articolano dal disegno alla ‘parola’ fino ai gioco di ruolo. Al termine di tale ciclo i genitori fanno merenda con i bimbi, e si leggono una lettera che contiene i desideri dei bimbi. Poi c’è incontro singolo, a distanza di 1 mese, con il bimbo/a e i genitori per capire come è stata l’esperienza. I bimbi (attraverso questi Gruppi) escono dal senso di solitudine e si sentono parte di un gruppo perché capiscono che è successo anche ad altri”, conclude l’esperta.
L’esperienza dei tribunali attraverso gli occhi dei figli è al centro dell’intervento di Monica Velletti, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Terni: “A differenza del passato nelle aule di
giustizia, oggi c’è l’ascolto del minore in caso di separazioni giudiziarie, dove appunto i genitori non sono riusciti da soli a contemperare il conflitto e quindi sentiamo i minori dai 12 anni in su”.
“Questi minori ci dicono le cose che sono riportate nel libro- prosegue Velletti- ‘che non ce la fanno più a vivere nel conflitto’, ‘che vogliono bene sia a mamma che papà’ e che ‘sono entrambi: belli, buoni e simpatici’ descrivendoli allo stesso modo ma anche che è ‘brutto sentirsi diviso a metà’.
Nel caso di genitori con dipendenze da droga, ludopatie etc è facile per un giudice (decidere, ndr), ma nelle coppie con conflittualità è difficile far prevalere il benessere del bambino”.
Ogni cosa diventa una ‘lotta’ a scapito del minore, spiega ancora la presidente della prima sezione civile del Tribunale di Terni, che dice infatti: “Persino la gita scolastica diventa un problema perché entrambi i genitori, ognuno dalla propria parte, credono di essere nel giusto. Alla fine finisce che i figli ‘non vengono visti’. Una volta mi è capitato che a un bambino è stato diagnosticato l’autismo in tribunale, attraverso esperti, mentre i genitori credevano che il suo ‘stato’ fosse causato dal comportamento dell’altro genitore”.
Ma l’ascolto nelle aule di un minore può essere ‘condizionato’ dal fatto appunto di essere in tribunale come ricorda Velletti, che conclude: “Il bimbo o il ragazzo è cosciente di essere davanti ad un giudice e quindi di essere in un contesto formale. Sa benissimo che ciò che dichiara è verbalizzato tanto è vero che dopo glielo leggiamo. Non è un confessionale e i ragazzi ascoltati dai giudici lo sanno bene e ne possono essere ‘condizionati’”.