Negli ultimi decenni la vita media nell’Occidente si è prolungata : sempre più sono le persone anziane in buona salute, attive, con vivacità intellettuale e creatività . L’Italia è uno dei paesi piu’ vecchi del mondo. a causa di una travolgente denatalità.
La denatalità ha creato uno squilibrio progressivo tra giovani e anziani con conseguenze sull’invecchiamento della società ( l’indice veneto è 132 ovvero su 100 giovani sotto i 15 anni ci sono 132 anziani con più di 65 anni).
I demografi dicono che in tali situazioni il rischio sociale è di una chiusura nell’esistente e di una perdita di spinta propulsiva verso il futuro, tipica dei giovani (Gianpaolo Romanato “La natalità nella Storia”).
Persiste un basso tasso di natalità (1,46 figli per donna in età fertile) e un saldo natalità – mortalità decisamente negativo, compensato in questi anni dall’immigrazione (oggi 9-10% della popolazione). Ciò ha prodotto tra l’altro, un forte cambiamento nella composizione delle famiglie. Pensate: se nel 1994 le famiglie con figli erano il 46% del totale, nel 2007 il 39%. Oggi la composizione delle famiglie è di 2,46 componenti contro i 2,57 del 2000.
E sono famiglie diverse, spesso fatte da un solo componente,spesso ricostruite, oppure famiglie in cui si prolunga oltre i 30 anni la permanenza dei figli. Fino alla fine degli anni ’80 il 16% dei giovani a 30 anni era in famiglia; oggi èil 40%!!!
E una parte di questi giovani (tra gli 1.500.000 – 2.000.000) non studia, non lavora, rischia di saltare le tappe importanti dell’esistenza, di non sposarsi, di non avere figli, di non avere un lavoro sicuro. Vive grazie alla famiglia d’origine e la crisi occupazionale ne è certo causa. In queste famiglie sempre più esigue,sempre più in difficoltà nel tradizionale ruolo di protezione ed educazione,gli anziani si aggirano più come risorsa che come problema assistenziale:la gran parte delle persone anziane sta bene,vuol essere autonoma e rendersi utile.
Ma quando inizia la vecchiaia?
Il limite cronologico dei 65 anni ha ancora senso? O quello dei 75?
Pensiamo un po’ a quali significati e a quali attributi rinvia una persona definita vecchia.
Io sarò vecchio. per qualcuno è: quando andrò in pensione (con la riforma recente forse è vero, prima no), quando avrò dei nipotini (dipende dai nostri figli…), quando avrò più tempo da dedicare alla mia casa Per altri è: quando si perdono gli interessi, quando si incomincia a perdere ‘colpi’ nella salute, quando si pensa spesso all’ultimo stadio della vita.
Non è il termine in sè (vecchiaia) che esprime un significato o un altro ma il contesto culturale nel quale il termine viene usato. E soprattutto la vecchiaia inizia quando manca la capacita’ e la voglia di fare progetti,di guardarsi attorno,di ritagliarsi un ruolo in famiglia e nella comunità. Quando si perde la curiosità.
In alcuni periodi storici la vecchiaia era l’Apogeo delle virtù e della saggezza, con alto prestigio sociale: la “patria potestas” era un valore fondante della comunità, a volte pilastro della coesione familiare e comunitaria.
Dalla “patria potestas” si passa alla “pietas”, al rispetto antico verso l’anziano per quanto ha fatto nel corso della vita.
Ed oggi,quale è l’atteggiamento prevalente verso l’anziano?
Nell’ultimo secolo, diceva qualche anno fa Ferdinando Camon, ci sono stati degli atteggiamenti culturali molto distinti verso gli anziani: l’atteggiamento “cattolico” fatto d’interventi di sollievo e di assistenza ai problemi, l’atteggiamento “marxista”, anti-istituzionale, che puntava però non tanto sulla persona ma sulla categoria dei vecchi. Ora è il tempo di una lettura umanista attenta ai bisogni veri delle persone anziane, attenta ai vari tipi di vecchiaia che ci sono (ad esempio c’è una vecchiaia delle donne ed una degli uomini), attenta all’inquinamento culturale “giovanilistico” che è nemico dell’autenticità della persona anziana.
Non per nulla Jules Renard amava dire che la vecchiaia nasce quando si continua a dire ‘non mi sono mai sentito cosi giovane’… o nasce quando una effervescente Marta Marzotto sostiene dalle colonne di un rotocalco femminile: ‘La vecchiaia è talmente interessante che se l’avessi saputo prima mi sarei aumentata l’età!’
E se Goethe diceva “un vecchio è sempre un RE Lehar…’, Hemingway lo contraddice: ‘no, è il grande inganno la saggezza dei vecchi. Non diventano saggi ma attenti!”
Forse ha ragione Tolstoy quando afferma che “la vecchiaia tra le tante cose che possono capitare ad un uomo è la più inattesa”, ma come non pensare a Marguerite Yourcenar che collega vecchiaia ed infanzia: “L’infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono ma sono i due stati più profondi che è dato vivere”.
Chi vuol invecchiare attivamente deve lasciar spazio al suo istinto; vivere nel presente, liberare il cervello dalla marea di cose inutili di cui lo imbrattiamo. Non chiedere al cervello prestazioni efficientiste; ma fantasia, creatività, curiosità (quella curiosità di cui parla Arthur Schopenhauer) e autenticità.
L’invecchiamento attivo deve fare i conti con le “trappole” del mercato che è stato il primo ad accorgersi della nuova situazione delle persone anziane.
Per loro si è preoccupato di confezionare una serie di prodotti:dal settore della cosmesi, orientato a cancellare i segni della vecchiaia, al settore dell’abbigliamento preoccupato di annullare la distinzione fra le età;ai settori delle palestre e dei corsi yoga, protesi ad assicurare elasticità e correttezza di postura al corpo;al settore della medicina, con le ricette più strane (viagra) atte ad assicurare il massimo delle prestazioni;alla chirurgia estetica che prospera sull’ansia giovanilistica di molti anziani, uomini e donne.Assisto stupefatto,in questi ultimi tempi, al fenomeno delle separazioni tra persone che hanno superato i 65 anni,cosa impensabile fino a dieci anni fa :e penso che “il mercato”,soprattutto della chirurgia estetica,della medicina che dà ai maschi l’illusione di una potenza sessuale sconosciuta,abbia avuto un ruolo decisivo in questo fenomeno che fa sorridere amaramente.
Le proposte del mercato, assunte in se come risolutiva dell’anzianità, rischiano di aumentare l’ansia e le paure, perchè non toccano la sfera della coscienza di sé. Sono una cosmesi esterna, ma non toccano l’anima. Anzi creano “conflitti” tra ciò che sono dentro, e ciò che ‘vedo’ nel mio corpo trasformato.
“Chi rincorre il passato giovanile alla fine,nota giustamente monsignor Dal Ferro dell’Istituto Rezzara di Vicenza, deve constatare un fallimento dei propri intenti, chi invece valorizza la propria età senza senso di inferiorità, diventa portatore di una ricchezza straordinaria, di cui le altre età sono carenti.” Pensiamo a che cosa significano parole come: libertà – gratuità – creatività – relazionalità, proprie di chi vive questa fase dell’esistenza non condizionata dalle mille esigenze quotidiane quali la carriera, il futuro, i figli da accudire, l’investimento….
La terza età può essere età della piena realizzazione: se ad una certa tranquillità economica (oggi messa in crisi) si accompagna la consapevolezza di aver fatto la propria parte, c’è la possibilità di dedicare tempo ed energia a ciò che si sarebbe voluto fare prima e si è stati impediti di fare.
Ma per invecchiare bene occorre mantenere una buona identità.
Ogni persona di solito, invecchia sulla base di un percorso di vita scelto nell’età adulta. C’è una continuità. Ma ci può essere qualche elemento di discontinuità.
Si riscoprono ruoli nuovi in famiglia (pensate se non ci fossero i nonni, lo Stato Sociale come farebbe a creare asili per almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni?
E come farebbero i genitori che lavorano a prendere i figli a scuola? O ad accudirli quando sono ammalati?).
C’è una quota rilevante di welfare familiare prodotta e mantenuta dalle persone che si trovano soprattutto nella fascia tra i 65-75 anni una fascia di grandissime potenzialità sociali.
Si possono riscoprire spazi per sé, anche individuali: lo spazio dell’espressività artistica, l’imparare a suonare, a dipingere, scrivere poesie; lo spazio del lavoro manuale nell’orto (il più bel passatempo!) o nel bricolage, o nel lavoro del ferro, della paglia, del legno, della ceramica.
Ma anche lo spazio del contatto con la natura, con i suoi silenzi e i suoi suoni, i suoi colori, da coltivare da soli (lo star bene da soli è una grande conquista) o lo spazio lontano non conosciuto, coltivato con viaggi sempre più diffusi , alla conoscenza di ciò che conoscevano dai libri o dai media.
E si può poi riscoprire di poter essere utili alla propria Comunità; dare una parte del proprio tempo a migliorare la qualità di vita collettiva.
Chi fà qualcosa per gli altri lo fà in primo luogo per sé. Il processo “oblativo” di dare qualcosa di sé è una essenziale modalità per star bene e per invecchiare attivamente.
Questo del volontariato degli anziani è un terreno sconfinato. E ,se non ingessato in forme rigide,potrà essere parte di quel “welfare di prossimità”,cioè della persona che si prende cura del proprio vicino, destinato a crescere sempre più sulla crisi del Welfare State.
Alberto Leoni
Direttore servizi sociali Ulss 4 Alto Vicentino