Migliaia di medici in Italia lavorano con le partite Iva. Nei Pronto Soccorso sono infatti più di 2mila i professionisti del settore che mancano, e per sopperire a tale carenza è in aumento questo tipo di assunzione, tanto che Anaoo, il sindacato italiano dei medici prevede entro il 2025 la mancanza di 4.422 medici dell’area dell’Emergenza e Urgenza, di cui 800 solo in Campania, e 550 nel Lazio. Come fare allora? Nelle situazioni critiche di emergenza, ad esempio in estate, si ricorre anche a medici libero professionisti a partita Iva, chiamati a gettone per svolgere turni in strutture di volta in volta diverse. I giovani medici scappano all’estero, come pure i meno giovani anche per le condizioni relative agli stipendi. «Non esiste un censimento nazionale, ma sono migliaia in tutta Italia, soprattutto in Piemonte, Lazio, Veneto, Campania e Sicilia. Il loro numero è cresciuto molto negli ultimi anni, perché in questo modo le aziende sanitarie aggirano il blocco delle assunzioni», afferma Carlo Palermo, il segretario del sindacato Anaao.
I medici a partita Iva spesso non hanno una qualifica specifica per svolgere determinate funzioni, non si riesce a controllarne i turni accumulati per garantire la sicurezza agli stessi e ai pazienti, e poi, essendo cercati a chiamata, rischiano di non conoscere in modo approfondito l’ambiente di lavoro e le procedure. Inoltre, alcuni di questi medici hanno accumulato anni di esperienza nell’area Emergenza-Urgenza, ma, non essendo specialisti, non possono partecipare ai concorsi per le stabilizzazioni, e da qui la carenza di personale medico.
Palermo dichiara: «Rilanciamo al governo la proposta di trovare per loro delle forme di assunzione a tempo determinato, con iscrizione alla scuola di specializzazione, nell’ambito delle quote di contratti aggiuntivi finanziati dalle regioni. Nei prossimi otto anni nelle aziende sanitarie ci saranno 250 milioni di euro di “retribuzione individuale di anzianità”, ovvero quei soldi che, al momento della pensione, lascia in azienda chi era in servizio prima del 1996. Un meccanismo bloccato nel 2010 con la crisi economica e mai più ripristinato. Basterebbe una frase in legge di Bilancio per sbloccarli, ma in ogni caso siamo pronti a partire con le diffide».