di Rachele Bombace
“Aumenta la paura della guerra e delle bombe – di un qualcosa che ci piomba addosso come il terremoto – che non cela solo il timore legato al pericolo reale che stanno affrontando gli ucraini e che rischia di arrivare da noi, ma è anche la rappresentazione di una società estremamente precaria e asfittica. Nessuno respira bene”. Saranthis Thanopulos, presidente della Società psicoanalitica italiana (Spi), guarda dentro questa paura: “Dà concretezza alla dimensione di forte precarietà in cui viviamo. Più trema il pavimento sotto i piedi, più non riusciamo a individuare la questione e più siamo destabilizzati internamente. In questo stato psicologico speriamo che arrivi qualcosa di concreto che realizzi i nostri timori, che non gestiamo. Anche la paura delle armi chimiche è l’espressione terrificante di una situazione ingovernabile che si basa sull’idea di una asfissia generale“. E poiché a soffrire di ansia e depressione oggi sono più le donne che gli uomini, non sorprende che ad angosciarsi maggiormente sulla guerra sia proprio il genere femminile. “È vero che le donne vanno più in ansia degli uomini- ammette lo psicoanalista- e non è solo una questione legata ad una loro intrinseca vulnerabilità. In realtà le donne sono più sensibili al disastro, lo avvertono come Cassandra. È una qualità femminile- aggiunge Thanopulos- prevedono il dolore e la distruzione. La loro ansia deve essere ascoltata”.
Questa paura però vive con noi da molto tempo, almeno dalla crisi economica del 2008. “Siamo riusciti a silenziarla fino ad oggi perché è mancato uno sforzo di riflessione. Passiamo da una emergenza all’altra e non riusciamo a capire cosa sta succedendo. La sensazione che proviamo- ripete Thanopulos- è simile a un terremoto: i segnali dei sommovimenti della terra c’erano da prima ma non li abbiamo colti e ora, con l’esplosione, dobbiamo farci i conti”.
Il mondo sembra di nuovo al bivio. “Come il 1914 segnò la fine della bella époque e poi la seconda guerra mondiale mise un punto all’illusione della pace nel mondo, oggi dobbiamo prendere atto che non si può continuare con la società dei bisogni materiali che distrugge la qualità della vita“.
Come si deve reagire? “Possiamo affidarci alla pericolosissima resilienza, alla voglia di ‘tornare come eravamo’ che può portarci ad identificarci con l’aggressore. Oppure resistere all’idea che il cambiamento viene da fuori e assumersi la responsabilità delle proprie azioni“. Davanti a uno “scenario globale cambiato non dobbiamo accettare che il nuovo ordine venga dal ‘vinca il più forte’, ma affrontare i veri problemi: la crisi economica, la concentrazione della ricchezza e il distanziamento sociale promosso dal processo di digitalizzazione. Tutti fenomeni messi in secondo piano durante la pandemia”.
A far tremare molti italiani è proprio lo spettro dell’austerity legata al possibile crollo economico finanziario della Russia. “L’espressione austerity va sempre a braccetto con le emergenze– avverte Thanopulos- ma stiamo attenti perché la parola austerity non è mai neutrale, c’è chi su questo specula e cresce. L’austerity mostra che siamo in piena emergenza ed è il luogo ideologico in cui la democrazia non è in una buona posizione. È importante evitare il crollo economico e finanziario della Russia perché avrà conseguenze disastrose, stiamo giocando in un territorio difficile. Quando un popolo è aggredito, siamo tutti con questo popolo, ma non creiamo una separazione tra noi e il popolo russo. Se scoppia la Russia, noi ne pagheremo le conseguenze e ci saranno ondate di profughi inimmaginabili”, conclude.
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