«Formiamo infermieri di talento, li mettiamo a gestire ruoli chiave in una sanità territoriale che boccheggia sempre di più per carenza di personale, e poi accade li salutiamo con un contratto precario. Intanto, il Regno Unito li accoglie con stipendi che da noi restano un miraggio, un’utopia. Così non costruiamo il futuro, facciamo beneficenza professionale per l’Europa», afferma Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up.
Il Regno Unito, pioniere dell’infermiere di famiglia, alza il tiro con un aumento salariale del 6% e stipendi fino a 1.500 euro a settimana per i professionisti più esperti. In Italia, gli infermieri lottano con stipendi da 1.500 euro al mese e contratti precari.
«Gli infermieri italiani in fuga raccontano di una vita completamente diversa nel Regno Unito: orari sostenibili, stipendi veri. Alcuni non tornano più e convincono altri a seguirli», continua De Palma.
La legge del 2020 prevedeva ben 9.600 infermieri di famiglia. Oggi siamo ad appena il 20% di quella cifra. Entro il 2026, il PNRR ne chiede almeno 50.000. Ma l’Italia cosa fa? Invece di valorizzare i professionisti, crea figure ibride e confuse come l’assistente infermiere. «Un errore politico e tecnico che svilisce anni di battaglie professionali», denuncia De Palma.
«La nostra Federazione si autocelebra per lauree magistrali che non rischiano di trovare collocazione, mentre il merito viene sabotato a causa di politiche fallimentari e cieche», conclude De Palma.
«Servono contratti seri e dignità. Non possiamo più essere il vivaio d’Europa. I nostri infermieri non sono in svendita», afferma De Palma.
