Riforma sì, rivoluzione non tanto. E si potevano ascoltare di più gli avvocati. L’Associazione nazionale forense (Anf) pesa le decisioni in tema di giustizia assunte dal Consiglio dei ministri di ieri, e osserva che “l’impatto delle modifiche al Codice penale sul contenzioso penale, proposte in tema di abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite è davvero molto modesto atteso l’ambito di applicazione possibile delle due norme in questione”. Spiega infatti, Giampaolo di Marco, presidente dell’Anf: si tratta “di norme incriminatrici di chiusura dello ‘statuto dei delitti contro la Pubblica amministrazione, disciplinati nel libro II- titolo II del Codice penale che si applicano in casi del tutto residuali in cui le condotte punibili, poste in essere contro la Pubblica amministrazione, sfuggono alla casistica (tassativa) sussumibile nelle ipotesi di reato tradizionali e più gravi”.
E così, “l’effetto reale di questo intervento normativo, lungi dall’essere di pregio sul piano giuridico, è più volto ad incontrare il favore della politica ed in particolare degli amministratori locali degli enti pubblici territoriali, soprattutto in vista dell’intensa azione amministrativa che si apprestano a realizzare in vista della messa a terra del Pnrr”.
Per l’Associazione nazionale forense, poi, le modifiche al Codice di procedura penale “sono condivisibili e da accogliere con estremo favore” ad esempio per la previsione di interrogare l’indagato “prima di disporre la misura cautelare a suo carico e non dopo, come avviene ora” o per “la tutela rafforzata dei terzi (estranei alle indagini) in caso di intercettazioni e divieti di pubblicazione degli atti”.
E così, “l’effetto reale di questo intervento normativo, lungi dall’essere di pregio sul piano giuridico, è più volto ad incontrare il favore della politica ed in particolare degli amministratori locali degli enti pubblici territoriali, soprattutto in vista dell’intensa azione amministrativa che si apprestano a realizzare in vista della messa a terra del Pnrr”.
Per l’Associazione nazionale forense, poi, le modifiche al Codice di procedura penale “sono condivisibili e da accogliere con estremo favore” ad esempio per la previsione di interrogare l’indagato “prima di disporre la misura cautelare a suo carico e non dopo, come avviene ora” o per “la tutela rafforzata dei terzi (estranei alle indagini) in caso di intercettazioni e divieti di pubblicazione degli atti”.
Piace all’Associazione nazionale forense anche la “competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari in caso di custodia cautelare in carcere e misura di sicurezza”. Ben venga, continua Di Marco, anche “l’informazione di garanzia e di obbligo di discovery effettiva in tema di deposito degli atti di indagine e di intercettazioni” assieme al “divieto per il pubblico ministero di impugnare le sentenze di assoluzione per le ipotesi di reato a citazione diretta”.
Ci sono dunque novità positive, ma non tutte quelle che -secondo Anf- erano auspicabili o attese dalla categoria. Infatti, “spiace che il ministro non abbia accolto nessuno dei suggerimenti proposti dall’avvocatura per quanto riguarda le modifiche in tema di impugnazioni con particolare riguardo all’introduzione del divieto generalizzato per il pubblico ministero di impugnare le sentenze di proscioglimento” e su “potere autonomo del difensore, di fiducia e d’ufficio, di impugnare le sentenze nell’interesse del proprio assistito anche in assenza di specifico mandato ad impugnare ed in difetto di espressa dichiarazione di elezione di domicilio da allegarsi al gravame”.