Italia al centro del mondo per il suo ‘modello’ sanitario nell’affrontare l’emergenza coronavirus. Ma siamo sicuri che, analizzando in toto il ‘modello Italia’ ci sia davvero di cui andare orgogliosi?
A porre la spinosa questione è l’Ordine dei Medici di Vicenza, attraverso le parole del suo presidente Michele Valente, che mette in risalto una sfilza di colpi di accetta subiti dalla sanità italiana, che portano a chiedersi: ma è davvero un modello a cui ispirarsi?
“Salviamo gli operatori sanitari prima che diventino eroi alla memoria” è l’incipit proposto da Valente, che vuole evidenziare come i ‘camici bianchi’ (ma anche quelli verdi e azzurri), facciano acrobazie sul filo del rasoio.
“‘Modello Italia’ ed ‘eroi’ sono le parole che sento ripetere quasi ossessivamente dai politici, dai distributori di ansia che conducono le troppe trasmissioni dedicate al Covid-19 su radio e Tv e dai giornalisti della carta stampata – sottolinea Michele Valente – Al ‘modello Italia’, per il contenimento della pandemia, sembra vogliano ispirarsi le Nazioni Europee alle prese col virus. É convinzione comune. Ma qual è il ‘modello Italia’ della Sanità?”
Il medico pone un quesito importante, che fa riflettere.
Il ‘modello Italia’
“Il modello Italia, è quello che ha tagliato decine di migliaia di posti letto negli ospedali? – chiede – Quello che ha abolito il turn-over in corsia e lasciato andare in pensione i medici di medicina generale senza sostituirli, depauperando così la medicina sul territorio, che avrebbe dovuto essere il primo baluardo contro il contagio? È il ‘modello Italia’ quello che ha tagliato le borse di studio per le specializzazioni? Che ha imposto il numero chiuso nelle Università e che ora manda allo sbaraglio i neolaureati sollevandoli dall’esame di abilitazione? Che ha tagliato con colpevole pervicacia i fondi alla ricerca? Che ha obbligato migliaia di giovani medici a emigrare? Che ha gli stipendi più bassi in Europa per medici e personale sanitario? È il ‘modello Italia’ quello che da anni dirotta centinaia di milioni dalla sanità pubblica a quella privata? È quello che vede in assurdo disaccordo le autorità regionali con quelle governative? È quello che ha diviso la sanità italiana tra il Nord ‘virtuoso e il Sud ‘scialacquatore’? È il ‘modello Italia’ quello del continuo tentennare del Governo per le misure di contenimento del contagio, timidamente annunciate e tardivamente applicate? É quello che, con una pandemia incombente, non ha pensato a fare scorta di mascherine da distribuire alla popolazione e in primis ai medici, oltre agli altri dispositivi di protezione, per evitare che oltre a contagiarsi diventassero a loro volta distributori di virus? Nella Valle di Scalve, per fare un esempio, si sono ammalati tutti i medici di famiglia e si è dovuto ricorrere ai medici militari per sostituirli. È il ‘modello Italia’ quello di non avere predisposto per tempo un protocollo comune per affrontare l’emergenza? É quello che vede un numero di morti superiore a quelli della Cina, con un indice di mortalità del 10% contro il 2-3% della Cina?”
Prima venivano picchiati, ora i medici sono ‘eroi’
Valente continua, portando l’attenzione sui medici, oggi comunemente definiti ‘eroi’.
“Eroi. In un’esplosione di orgoglio patrio che fino a poche settimane fa sarebbe stato tacciato di ‘sovranismo’, ivi compreso lo sventolio di bandiere dai balconi e l’Inno di Mameli trasmesso a reti unificate alle 11 di venerdì scorso, i medici e gli infermieri sono chiamati ‘eroi’. I medici, che venivano aggrediti, picchiati e accusati di tutti i mali della Sanità ora sono eroi. Eppure sono gli stessi ai quali è stato imposto il ‘tempario’ per le visite (8 minuti) e i limiti alla richiesta di accertamenti e alle prescrizioni di farmaci per ricetta. Perché ‘eroi’? Perché si ammalano e muoiono. Sono eroi? No. Sono vittime di chi li ha costretti ad affrontare l’emergenza a mani nude. Sono vittime del loro senso del dovere e di avere onorato il proprio giuramento fino in fondo. Vittime sono. Vittime di chi ha voluto trasformare in aspiranti suicidi i medici di famiglia che continuano a fare il proprio lavoro negli ambulatori e visitano i pazienti nei loro domicili. Senza mascherine, senza guanti e senza i dispositivi di protezione individuale. Io non mi sento un eroe perché continuo a fare al meglio la mia professione. Non sono un eroe, vorrei solo poter lavorare in sicurezza. E’ chiedere troppo al ‘modello Italia’? Penso a un eroe della Prima Guerra Mondiale, studiato sui libri di storia, quell’Enrico Toti al quale sono stati dedicati monumenti in tutta Italia. Rimasto senza munizioni ha tirato la stampella contro gli austriaci ed è morto. Mi chiedo, per amore di provocazione, se invece della stampella avesse avuto una mitraglia e qualche bomba a mano, avrebbe ucciso i nemici e salvato la vita? Cari politici, non fateci diventare eroi per forza. Noi medici continueremo a combattere senza risparmiarci questa ‘guerra’, ma non riduceteci alla stampella”.