Riceviamo e pubblichiamo
Egregio Signor Prefetto,
il Comitato vicentino, per la liberazione dei prigionieri politici palestinesi, con il presente documento si permette di richiamare la Sua attenzione su alcune questioni e problematiche di carattere internazionale.
Il Comitato vicentino si è costituito nel 2014, aderendo ad una Campagna internazionale promossa da intellettuali e diversi premi Nobel per informare l’opinione pubblica sulla situazione dei prigionieri politici palestinesi, sollecitandone la liberazione e ricordando che moltissimi di loro sono in detenzione amministrativa cioè incarcerati da mesi/anni senza capo d’imputazione, né processo, in palese violazione del “diritto ad un giusto processo” come stabilito dall’art. 10 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
Il Comitato, comprendente varie realtà associative vicentine (Amnesty International, Arci servizio civile, CGIL, Donne in rete per la pace, Fornaci Rosse, M.I.R, LeU, Pax Christi, Progetto sulla Soglia, Salaam ragazzi dell’olivo-Vi, Vicenza Capoluogo), ha ottenuto la collaborazione dell’Amministrazione Comunale di Vicenza che, il 24 novembre 2015, ha approvato una mozione di solidarietà con il popolo palestinese. Per attuarla, in questi anni, sono state organizzate diverse iniziative per sensibilizzare la città sul conflitto, annoso e fortemente asimmetrico, tra Palestina e Israele.
La notevole complessità della situazione rende necessario informare con correttezza ed onestà sui protagonisti del conflitto: c’è una potenza occupante, Israele, con uno degli eserciti più potenti del mondo e una “entità”, quella palestinese, che non è nemmeno uno stato e il cui popolo, comprendente anche importanti comunità di Cristiani, subisce una pesantissima occupazione militare dal 1967, con la violazione quotidiana e sistematica di diritti umani basilari, universalmente riconosciuti dal diritto internazionale.
Le”fonti” di tale diritto , ONU, Tribunale Internazionale dell’Aja, Parlamento Europeo, hanno emanato decine di risoluzioni–sentenze–pronunciamenti-condanne nel corso dei 70 anni di esistenza dello stato israeliano il quale però non le ha mai rispettate.
A fronte di questa situazione appare pertanto gravissima e incomprensibile (anche dal punto di vista sportivo) la scelta dei dirigenti del Giro d’Italia di far partire la corsa da Gerusalemme Ovest, omettendo addirittura la parola ovest , come imposto dal governo israeliano, per far credere che Gerusalemme sia la capitale dello stato di Israele, cancellando in tal modo la reale situazione della città divisa in due, separata da un muro e con la parte est occupata dall’esercito israeliano.
I dirigenti italiani hanno accreditato agli occhi del mondo l’immagine di una città e di uno stato molto diversa dalla realtà, negando una quotidianità fatta di espropri, sequestri di terra e acqua, abbattimenti di case, blocchi della mobilità e divieti di circolazione per i Palestinesi.
Stupisce ed inquieta il silenzio del governo italiano che pure non riconosce Gerusalemme capitale unica ed indivisibile di Israele come invece recentemente proclamato dal Presidente degli Stati Uniti;
stupisce ed inquieta il totale silenzio della grande stampa italiana che tace sulla realtà della popolazione palestinese della Cisgiordania dove si sono svolte le prime tre tappe del Giro d’Italia;
stupisce ed inquieta che la grande stampa italiana ometta di informare sulle iniziative organizzate da decine di associazioni contrarie alla decisione di far iniziare il Giro in Israele e sul comportamento di molti cittadini israeliani che, con coerenza e coraggio, denunciano le politiche discriminatorie del loro governo.
Appare chiaro il valore simbolico di tale decisione: si è accettato di sostenere il governo israeliano nel celebrare il 70°anniversario della proclamazione dello Stato d’Israele, dimenticando che quella data è la “NAKBA “per i Palestinesi, cioè la “CATASTROFE”, con oltre 10.000 persone uccise e circa 800.000 cacciate dalle loro terre.
Né l’oggi ci conforta, anzi: i Territori Palestinesi Occupati vengono sempre più ridotti dall’occupazione dei coloni, protetti dallo stato israeliano che tollera (e spesso favorisce) atti di violenza, mentre nella Striscia di Gaza quasi 2.000.000 di persone sono alla catastrofe umanitaria e dove, in contemporanea ai fasti sportivi, cecchini israeliani uccidevano decine di persone inermi e ne ferivano migliaia.
Consapevoli che non può esserci pace senza giustizia e che non si può cancellare l’esistenza del popolo palestinese, uniamo la nostra voce a quella di coloro che, in Italia e nel mondo, chiedono che Israele:
- riconosca il diritto di esistere dei Palestinesi
- rispetti e attui le diverse risoluzioni ONU
- eviti l’uso sistematico della violenza
- permetta la convivenza pacifica di entrambi i popoli, con uguali diritti e senza discriminazioni di sorta.
Oggi 15 maggio 2018, 70° anniversario della nascita di Israele e della Nakba palestinese, chiediamo a Lei, Signor Prefetto, di far giungere al Governo Italiano il nostro appello accorato affinché in quella Terra, santa per tanti e differenti credi religiosi, ognuno possa vivere secondo le sue radici e la sua identità.
Ci piacerebbe si compisse l’augurio che Ermanno Olmi ha fatto all’umanità:
“Auguro a tutti, di qualsiasi razza, religione o cultura di provare sentimenti di pace nei confronti di ogni uomo così da mostrare a noi stessi e al mondo che la violenza non potrà mai restituire giustizia”.
Vicenza, 15 maggio 2018
Per il Comitato vicentino per la liberazione dei prigionieri politici palestinesi
Miriam Gagliardi