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Clima pazzo e pericoloso: in Sicilia è sos pioggia, il Veneto soffre siccità

Mentre l’allarme meteo sta di nuovo interessando la Sicilia (registrata una punta di 240 millimetri di pioggia nelle 24 ore sull’area sud occidentale dell’isola), una preoccupante quanto paradossale indicazione arriva dal Veneto, dove ad Ottobre si è registrata una diffusa siccità (indice S.P.I Standardized Precipitaton Index a 3 mesi) con un calo medio del 56%, con punte del 70%, nelle piogge (bacino del fiume Sile: -74%), fino ad arrivare a condizioni definite di siccità estrema nel Medio-Alto Polesine e nell’area centrale tra le province di Venezia, Padova e Treviso; nello stesso mese i fiumi della regione hanno registrato una media mensile largamente inferiore agli anni scorsi con il Piave, che ha registrato la media più bassa dei recenti 20 anni: lo rende noto l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche nel settimanale report, che indica anche come permanga deficitaria la condizione idrica dei corsi d’acqua veneti. Analogamente rimane molto preoccupante la condizione dei fiumi toscani (Arno ed Ombrone, in primis), che arrivano a segnare portate anche 10 volte inferiori alle medie mensili (fonte: Centro Funzionale Regione Toscana). Per il resto, nel Nord Italia, sono le piogge a condizionare l’andamento idrologico: se i livelli dei grandi laghi restano costanti pur con una marcata differenza (Lario al 30% del riempimento, Iseo è all’80%), non altrettanto può dirsi per la Dora Baltea, in calo nella Valle d’Aosta, dove è altresì vistosa la risalita di portata del torrente Lys. Sono in rialzo le portate dei corsi d’acqua piemontesi, ad eccezione della Stura di Lanzo, così come del fiume Po, che nel suo fluire verso il mare supera i valori 2020, pur rimanendo al di sotto delle medie storiche. In Emilia Romagna, dove la crescita di portata è generalizzata, spicca in particolar modo quella del fiume Trebbia, salito in un giorno fino a toccare i 60,2 metri cubi al secondo; i bacini di Molato e Mignano, nel piacentino, si avvicinano, invece, ai deficitari livelli del siccitoso 2017. Anche la ripresa dei fiumi marchigiani pare consolidarsi su livelli superiori a quelli degli anni recenti: ottima le performance dell’Esino, ma soprattutto del Sentino; si avvicinano a quelle degli anni scorsi anche le disponibilità idriche nei bacini della regione. In Umbria, se il lago Trasimeno registra il livello idrometrico più basso degli ultimi 9 anni, il fiume Nera segna livelli trimestrali, superiori alla media. Sul fronte delle precipitazioni Ottobre è stato un mese piovoso, ma le precipitazioni si sono concentrate in soli 3 giorni, accentuando il rischio idrogeologico. Nel Lazio, rispetto all’anno scorso, sono in crescita i livelli del lago di Bracciano e dei fiumi Liri e Sacco; i trend però sono diversi a seguito di un mese caratterizzato da un disomogeneo andamento pluviometrico: dai valori minimi della costa Nord, dove in alcune zone l’accumulo mensile è stato di poco superiore ai 16 millimetri fino ai 1278 millimetri (!!!) registrati a Norma sul versante occidentale dei monti Lepini; curiosi sono anche i 278 millimetri di pioggia, caduti in un mese su Ostia Lido, vale a dire più del doppio rispetto alla media registrata nel resto della città di Roma. In Abruzzo si segnala un leggero aumento del volume d’acqua nel bacino di Penne, che non raggiunge comunque il milione di metri cubi. In Campania, i livelli idrometrici dei fiumi Garigliano, Volturno, Sarno e Sele risultano in crescita, mentre quelli del lago di Conza e degli invasi del Cilento sono in calo. Il Volturno, in particolare, è in netto aumento per l’incremento dei volumi provenienti dal Calore e dall’alta valle del Molise, così come sono in ripresa gli afflussi d’acqua dal versante campano del Matese. Per quanto riguarda gli invasi, quello della diga di Piano della Rocca sul fiume Alento contiene il 20% della capacità con un volume inferiore del 24,13% rispetto ad un anno fa; l’invaso di Conza presenta una scorta idrica, inferiore di quasi 1,6 milioni di metri cubi rispetto ad un anno fa. In Puglia paiono essere terminati i prelievi dai maggiori bacini ad uso irriguo; non altrettanto può dirsi della Basilicata, i cui invasi sono ulteriormente calati di circa 3 milioni di metri cubi. “È evidente- commenta Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI- che un quadro idrologico così diversificato, anche localmente, necessiti di infrastrutture come gli invasi, capaci di fungere da calmiere per le esigenze dei singoli territori”.

“Già nel 2017- aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI- ANBI e Coldiretti proposero un piano ventennale per la realizzazione di 2.000 bacini medio-piccoli con un investimento di circa 20 miliardi di euro. Aggiornare quella proposta con le necessità di manutenzione dei bacini esistenti, è un intervento concreto, che poniamo con forza all’attenzione dei soggetti decisori. Di fronte all’emergenza climatica, che pregiudica territori ed economie- conclude il Presidente di ANBI- è quantomai urgente superare la sindrome del Vajont”.