‘Vogliamo vedere il project financing dell’ospedale di Santorso’. Il grido è unanime e a qualcuno è uscito dalla bocca con tutta l’indignazione per una vicenda che avrà pure tutti gli estremi della legalità, ma tira senz’altro in ballo altri principi come quello della democrazia, dell’etica e della trasparenza, che si deve a cittadini a cui sono stati chiesti lacrime e sangue per un’Italia migliore.
Una tavola rotonda nutrita dal punto di vista umano, con le rappresentanze istituzionali e sindacali locali, ma soprattutto dal punto di vista dei contenuti, quella di ieri sera, al teatro Pasubio di Schio, dove l’associazione Communitas di Pietro Veronese ha organizzato il dibattito meno ipocrita di questi mesi, in cui di ospedale si è parlato e ripalarlato, con il ‘velo’ di chi sta ben attento a scoperchiare il ‘calderone’. Merito anche del moderatore Giovanni Coviello, direttore di Vicenzapiù, che ha smorzato i toni quando si sono fatti accesi e stimolato la discussione al punto giusto, così da far affiorare una volta per tutte i nodi di un project financing ancora segreto, nonostante le richieste d’accesso, ben cinque, avanzate in questi mesi.
Parcheggi a pagamento salati, alcol a tutte le ore, il costo dei pasti aumentati del 40 per cento. Cose di poco conto se si pensa che l’ospedale è stato appena consegnato alla comunità dell’Alto vicentino e ‘il bello deve ancora arrivare’. Cosa nasconde questo benedetto progetto di finanza e perchè tanta ostinazione nel blindarlo?
L’incontro pubblico di ieri sera si è aperto con l’introduzione di Pietro Veronesi che con la sua Communitas aveva raccolto 13mila firme e non per dire no all’ospedale nuovo, ma perchè si facesse luce su un project che rischiava di privatizzare la Sanità dell’Alto vicentino, un bene troppo prezioso per cittadini che pagano fior di tasse e a cui va garantito un diritto alla salute, che è da sempre il fiore all’occhiello del Veneto civile. Veronese ha posto un’altra domanda, di grande attualità: ‘Che ne sarà degli ospedali ormai svuotati, dove sono ancora presenti alcuni uffici?’ Una domanda a cui ha chiesto risposta anche il sindaco Luigi Dalla Via, che ha preso la parola dichiarando che i patti non erano quelli stabiliti. ‘Che fine hanno fatto i servizi che dovevano nascere all’interno del De Dellis? Dov’è finito l’ospedale di Comunità?’. Il primo cittadino scledense ha concluso con una frase forte che è l’emblema di una vicenda spinosa:’L’ospedale nuovo è stato voluto dalla Regione, non dai cittadini e c’è stato presentato diversamente da quello che si è rivelato. Ora dobbiamo stare attenti a tenerci stretti i nostri servizi’.
‘Era rischioso affidare ai privati la gestione della Sanità pubblica – ha detto Marina Bergamin di Cgil – quest’ospedale con tutti i suoi costi arriva in un momento delicatissimo per il nostro paese. Povertà che avanza, invecchiamento della popolazione. Come sindacati, abbiamo deciso di creare un osservatorio sulla struttura di Santorso – ha concluso Bergamin – perchè temiamo che l’Ulss di cui andavamo tanto fieri perda le sue qualità. Anche noi abbiamo chiesto l’accesso agli atti. Ci è stato detto no e si continua su una linea che è diventata una prassi e che mette a repentaglio quel diritto all’informazione che dovrebbe essere garantito’.
‘Quando si è presentato il problema dei parcheggi ci siamo mobilitati subito – ha preso la parola Grazia Chisil della Uil – era il primo segnale d’allarme, ma abbiamo capito che la situazione va monitorata. Abbiamo due ospedali che rappresentano uno spreco, dei servizi socio-sanitari che vanno tenuti sotto osservazione. Sarà questa la nostra missione adesso.’
‘Tempi lunghi al pronto soccorso perchè nasce per accogliere solo gli acuti mentre arrivano tutte le emergenze. Capiamo che ogni start up ha bisogno di tempo, ma dove sono i servizi territoriali garantiti e inesistenti? – ha detto Gianfranco Refosco della Cisl – se ci fossero stati quelli avremmo compreso la struttura per acuti, ma adesso c’è un momento di confusione, che costringe le professionalità ad estenuanti turni di lavoro, con un’utenza a cui vanno innanzitutto garantiti i servizi’.
Ci sono andati invece giù pesante, in pieno stile Usb, Federico Martelletto, Luc Tibhault e Orietta Totti dell’Unione sindacale di base: ‘Vedo rassegnazione nell’accettare un ospedale che ci è stato imposto con tutte le conseguenze che gravano sul cittadino – ha detto con tono acceso Orietta Totti – locali stretti al pronto soccorso, dove gli infermieri devono andare a prestare le prime cure nelle ambulanze perchè dentro non c’è lo spazio sufficiente per accogliere tutti. Guardare avanti?E perchè fargliela passare liscia? Dovremmo indignarci e protestare contro chi è responsabile di tutto quello che sta succedendo’.
‘La storia degli alcolici è una vergogna – ha urlato Tibhault – è un insulto a chi fatica ad uscire dal tunnel dell’alcol che distrugge vite e non ci piacciono le risposte di alcuni dirigenti Ulss’.
Il consigliere Giuseppe Berlato Sella ha ripercorso le tappe dell’iter che ha portato all’ospedale nuovo, nonostante un esordio:’Ora guardiamo al futuro’. Ma il passato proprio non lo manda giù l’ex sindaco di Schio che fu il primo in assoluto a dire no alla creazione di una nuova struttura sanitaria.
‘Non potevamo fare una scelta diversa – ha detto Enzo Rizzato, direttore del Servizio per lo Studio, lo Sviluppo e la Verifica di Modelli Organizzativi Aziendali dell’Ulss 4 – l’ospedale nuovo andava fatto’. Sembrava un kamikaze Rizzato , contestato da una platea arrabbiata. Lui doveva difendere le scelte di un’azienda che ieri sera rappresentava. Da solo in mezzo ad un pubblico, che non si è lasciato convincere dalle belle parole che forse avrebbero messo a tacere il popolo di un tempo ormai passato.
Natalia Bandiera