di Federico Piazza

Rilanciare il sogno imprenditoriale del nonno che oltre 100 anni fa, poco più che ventenne, fondò l’azienda elettrotecnica di famiglia a Thiene. E far conoscere in Europa il nome del nonno e dell’azienda, Livio Gemmo, lanciando nei prossimi anni prodotti e servizi di prototipizzazione su misura di componenti e cabine elettriche speciali a marchio proprio.
È questo l’obiettivo che muove il rinnovato impegno del nipote del fondatore, oggi amministratore delegato della Gemmo Livio & Figli srl. Il nipote in questione è Livio Gemmo Junior, 51 anni, conosciuto anche come “il poeta” per la sua passione per le materie umanistiche e autore di composizioni in prosa e rima, spesso di carattere autobiografico, che ama interpretare in pubblico (come nel recente evento PoetRip de Il Caffè Letterario di Sarcedo (LINK A https://www.altovicentinonline.it/arte-e-cultura-2/sarcedo-impresa-e-poesia-diventano-un-viaggio-condiviso-il-caffe-letterario-va-a-gonfie-vele-livio-gemmo-fa-sold-out/). Un titolare d’impresa che teorizza, e pratica, l’idea che un uimprenditore debba essere un umanista più che un tecnico: «Su questo forse vado un po’ contro corrente rispetto al pensiero comune degli imprenditori che prediligono una formazione tecnica. Perché secondo la mia visione, giusta o sbagliata che sia, mentre il tecnico governa le macchine, l’umanista governa le persone».
Livio Gemmo Junior offre una testimonianza molto peculiare di quali possono essere i meccanismi, spesso non facili, dei passaggi dai genitori ai figli nelle tante imprese famigliari del Vicentino, del Veneto e di tutta Italia. Aziende giunte spesso anche alla terza generazione. Quella che, secondo un noto proverbio, manda in rovina l’attività di famiglia fondata dalla prima generazione e consolidata dalla seconda.
Un onere, quindi, ancor prima che un onore, vissuto da tanti “predestinati”. Ancor di più se sono figli unici dell’imprenditore di seconda generazione e se portano lo stesso nome del fondatore. Come, appunto, nel caso di Livio Gemmo Junior. Un predestinato che, inoltre, non aveva mai condiviso né la vocazione imprenditoriale né la passione tecnica, in questo caso elettrotecnica, del papà e del nonno. «Per anni – riflette l’imprenditore – ho vissuto questo mio destino nel nome come un fardello. Appesantito dal fatto che non solo non ho mai avuto manualità da elettricista, ma neppure un particolare interesse per le materie tecniche che sono alla base del lavoro dei progettisti di impianti e di dispositivi elettrici. Il punto di svolta è arrivato pochi anni fa, quando ho maturato la consapevolezza che la questione per me non era tanto fare impresa o realizzare quadri e impianti elettrici industriali. Bensì, si trattava di afferrare un sogno lanciato nel futuro 105 anni fa da mio nonno. Quando ho capito questo, mi sono reso conto di essere un privilegiato, e ho afferrato quel sogno con tutte le mie forze. Che è secondo me una cosa molto poetica. E che – sottolinea – mi ha portato a fare dei cambiamenti in azienda, costruendo un mio team di stretti collaboratori interni ed esterni per realizzare la nuova strategia d’impresa per i prossimi anni. Cioè, valorizzazione del marchio aziendale e crescita sui mercati, anche esteri, con prodotti e servizi di prototipazione customizzata ad alto valore aggiunto».
Livio Gemmo Junior, figlio unico di Giorgio Gemmo e nipote appunto del fondatore Livio Gemmo, in realtà non ha mai conosciuto il nonno scomparso prima della sua nascita. Se non attraverso i racconti di famigliari, collaboratori e conoscenti. «Nato nel 1898 a Thiene, era un istrione con una grande passione per l’elettrotecnica. Già a dodici anni decise che avrebbe fatto l’elettricista. Ma era anche bravo a giocare a calcio, ruolo attaccante. Arrivò a militare in serie A con l’Hellas Verona. Fece la prima guerra mondiale sull’Altopiano di Asiago, dove prestò servizio come sergente nel Genio fotoelettrici. E, finito il conflitto, si mise in proprio avviando l’attività nel 1919 con un piccolo negozio di lampadine e fili elettrici in via Trieste a Thiene». Azienda che via via crescerà, diventando un laboratorio di impianti elettrici. Ma Livio Gemmo aveva anche la passione politica: l’antifascismo, la Resistenza, la condanna a morte da parte dei fascisti fortunatamente annullata da un ufficiale tedesco.
Poi, nel secondo dopoguerra, l’attività aziendale riprese. Portata avanti dai due figli maschi, Franco e Giorgio. Che, dopo la scomparsa del fondatore, negli anni 70 decisero però di separare le loro strade. «Fu una scelta intelligente – commenta Livio Gemmo Junior – perché avevano ambizioni diverse. Mio zio Franco voleva crescere, anche sui mercati internazionali, e infatti fondò la Gemmo spa di Arcugnano che è diventata una grande realtà nel settore elettrico. Mentre mio padre Giorgio voleva mantenere la dimensione piccola, locale. E così è stato in questi decenni per la Gemmo Livio & Figli srl». Una realtà oggi da sette milioni di fatturato con una quarantina di dipendenti, specializzata nella realizzazione di impianti elettrici di potenza per l’industria. E che nello stabilimento di Cogollo del Cengio fabbrica anche cabine e componentistica elettrica conto terzi per clientela in gran parte italiana.
Il nipote del fondatore ha ora in mente di crescere e di diversificare prodotti, servizi e clienti, cogliendo l’onda di mercato della transizione elettrica, delle energie rinnovabili e dei data center per l’intelligenza artificiale. A tal proposto, ha avviato un piano di investimenti per l’ammodernamento entro la fine del 2025 della sede produttiva di Cogollo. Ma per arrivare a questa svolta il percorso, anche introspettivo, non è stato lineare. C’è voluto del tempo, e c’è voluta una persona speciale, entrata da qualche anno nella vita di Livio Gemmo Junior.
Lo si capisce ripercorrendo gli ultimi 25 anni. Livio Gemmo Junior è in azienda dal 1999, quando a 26 anni abbandonò gli studi di ingegneria elettrica a Padova («mi mancavano quattro esami, ci stavo mettendo troppo tempo perché ero un perfezionista che studiava tantissimo per ottenere il massimo dei voti, anche se sin dai tempi del Liceo Corradini di Thiene ho sempre preferito le materie umanistiche a quelle scientifiche»). Il padre Giorgio, che a differenza sua era molto vocato per l’elettrotecnica e le attività manuali, è sempre stato per lui un riferimento. «Non mi ha mai fatto pressione perché prendessi in mano l’impresa. All’inizio diceva che in azienda dovevo osservare. Per quanto, a un certo punto gli chiesi. Per almeno dieci anni, mi rispose». In effetti, riconosce Livio Gemmo Junior, il padre lo ha lasciato in panchina un po’ troppo a lungo. «Ma ci ho messo del mio in tutto ciò, perché mi sono trascinato per vent’anni la questione del confronto con papà, che era un tecnico eccezionale, sull’abilità manuale in cui io invece sono sempre stato carente. Era un problema che mi facevo io».
Giorgio Gemmo è scomparso nel 2017.

La svolta per Livio Gemmo Junior è arrivata dopo. E in questa storia di impresa e famiglia tra nonni, padri, figli e zii, la svolta non poteva arrivare che attraverso una donna. Cioè Vanina Dal Santo Gemmo, la moglie di Livio Gemmo Junior, nata in Argentina da emigrati di origine thienese. Conosciuta pochi anni fa. «Una donna forte, sicura di sé, mi sono innamorato a prima vista e lo ho chiesto subito di sposarmi. Abbiamo un bimbo di quattro anni, si chiama Giorgio. Come suo nonno, mio padre. Perché in questo ramo di famiglia non abbiamo molta fantasia con i nomi maschili… si ripetono ogni due generazioni…».
Così, con la formazione della sua nuova famiglia per Livio Gemmo Junior è arrivata anche l’illuminazione per il futuro dell’azienda ereditata. La scossa elettrica è la ripresa del sogno del nonno. Così è arrivata anche la decisione che l’azienda di famiglia, la Gemmo Livio E Gigli srl, per i suoi secondi 100 anni di storia si chiamerà semplicemente Livio Gemmo. «Come il fondatore, non come me – precisa l’amministratore delegato – perché ho capito che la mia missione è afferrare il sogno che lui aveva lanciato».

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