Anche da Vicenza e provincia per partecipare alle Brigate del Lavoro nell’Agro Pontino  perchè non accada mai più che un lavoratore sfruttato venga addirittura lasciato morire dopo un incidente sul lavoro. Che il suo braccio mutilato da un macchinario venga gettato in una cassetta della frutta assieme al suo corpo agonizzante. Una crudeltà inaudita se pensiamo che questo povero bracciante senza permesso di soggiorno e schiavizzato si sarebbe potuto salvare se fosse stato trasportato in ospedale. Invece il suo titolare lo ha scaraventato per strada. Antonello Lovato è stato arrestato e di lui il gip scrive: “Il suo comportamento è apparso lucido e finalisticamente teso a dissimulare quanto accaduto, a tutti i costi”Satnam Singh era arrivato in Italia tre anni fa dal Punjab, regione del nord dell’India. Come 12 mila suoi connazionali di religione sikh era venuto a lavorare nell’agro pontino, probabilmente indebitandosi con un’organizzazione che gestisce la tratta di migranti. Si era stabilito con la moglie, anche lei indiana, a Borgo Santa Maria, una frazione di Latina ed era impiegato in un’azienda agricola della zona, senza un contratto regolare.

Ma quanti Satnam Singh esistono in Italia? “Tantissimi e non solo nel settore agricolo, ma in tutti quelli del lavoro in generale”, sostiene Stefano Menegazzo, segretario generale della Cgil Flai di Vicenza e Provincia. Nella notte tra martedì e mercoledì è partito assieme a volontari e altri sindacalisti per partecipare ad una serie di iniziative contro il caporalato. Un fenomeno diffuso da Nord a Sud, proprio due giorni fa, nel trevigiano sono stati scoperti 13 lavoratori stranieri irregolari e in condizione di schiavitù.

Menegazzo, cosa può fare il sindacato per provare ad arginare il lavoro nero?

“Mi trovo a Latina e stiamo cercando di avvicinare i braccianti, è un lavoro che facciamo da sempre, ma c’è troppa paura di denunciare, la legge Bossi-Fini che piazza i migranti in una specie di limbo, dove è facile adescarli per lo sfruttamento. E loro non hanno gli strumenti culturali per comprendere che sono destinatari di diritti, che magari nella loro terra d’origine non esiste. E’ difficile anche spiegarglielo se ci sono difficoltà con la lingua ed in questo caso, risulta prezioso l’aiuto di un intermediatore culturale. Rimane comunque, la paura di denunciare gli sfruttatori. A volte noi sindacalisti  riusciamo ad incontrarli per la prima volta, chiediamo di farci vedere le buste paga, scopriamo che non c’è un contratto regolare, ma non segue un secondo appuntamento per quel terrore di “creare rogne”, per l’ansia di restare senza un lavoro che anche se è schiavismo, per loro è importante.  La Cgil chiede dignità, rispetto per la salute e la sicurezza dei lavoratori e l’impegno di tutte le istituzioni, le forze politiche e sociali nel contrastare lo sfruttamento, il caporalato e le condizioni disumane, spesso avvallate da norme che alimentano la clandestinità, in cui sono costrette a lavorare le persone nel settore agricolo”.

La Federazione Lavoratori Agroindustria ha lanciato il progetto “Sindacato di Strada” per entrare in contatto diretto con i lavoratori agricoli, tutelandoli e rappresentandoli attraverso un sindacato mobile che supera le barriere delle tradizionali sedi.

“Si tratta di una morte assurda, maturata in un contesto abominevole di sfruttamento e di totale mancanza di umanità e rispetto per la vita”, ha commentato la segretaria nazionale del sindacato Silvia Guaraldi. La sindaca di Latina Matilde Celentano ha annunciato che il comune si costituirà parte civile in un eventuale processo. Nonostante l’approvazione della legge contro il caporalato e le denunce, anche degli stessi migranti, il fenomeno dell’intermediazione illecita nel lavoro nell’agro pontino non si è mai fermato. E non passa settimana che in ogni regione d’Italia, Veneto incluso, non salti fuori il caso di caporalato, diffuso ovunque con la “complicità” delle stesse vittime, che fanno fatica a denunciare i loro aguzzini. Il percorso culturale è ancora davvero lungo da percorrere.

Landini: ” Il caporalato e il lavoro nero sono in agricoltura, nell’edilizia, nella logistica, nei servizi, nel commercio e nella moda”

“Di fronte alla morte disumana di Satnam Singh, alla strage continua di morti sul lavoro, all’impoverimento e alla precarietà di chi per vivere ha bisogno di lavorare, è il momento di una mobilitazione permanente”. Così Maurizio Landini, leder della Cgil. Che continua: “Non c’è solo la responsabilità di un imprenditore dentro un sistema sano, come sostiene il governo. La realtà è che il caporalato e il lavoro nero stanno ovunque: in agricoltura, nell’edilizia, nella logistica, nei servizi, nel commercio, nella moda. E’ un sistema che trasforma le persone in merce”. In una intervista a La Stampa spiega perché la legge sul caporalato non funziona: “Anzitutto bisogne cambiare la legge Bossi-Fini. Solo il 20 per cento di chi arriva con il decreto flussi ottiene il permesso di soggiorno e un contratto di lavoro regolare. Tutti gli altri sono costretti alla clandestinità. L’azienda in cui è morto Satnam era già indagata e continua a lavorare come se nulla fosse. In Italia ci sono tre milioni di lavoratori in nero. Con l’attuale numero di ispettori si può sperare in un controllo per azienda ogni sedici anni, e infatti nei primi mesi del 2024 il numero di morti sul lavoro è cresciuto. Nel Pnrr ci sono 200 milioni da investire nell’accoglienza e nelle abitazioni per superare i ghetti: che si investano”. Anche il sindacato può fare di più: “Proprio per questo insieme alla Flai abbiamo dato vita alle brigate per il lavoro. A Modena c’è stato un lavoratore edilizio che veniva pagato un euro l’ora. Ha avuto un infortunio, si è rivolto alle nostre strutture, che hanno aperto una vertenza e c’è stata una sentenza grazie alla quale al lavoratore è stato concesso il permesso di soggiorno, riconoscendo il grave sfruttamento. E’ il primo caso in Italia”

Natalia Bandiera

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