Lorenzo Cogo non smette di stupire. Idee e nuovi progetti per lo chef originario di Marano Vicentino che, lasciato El Coq a Vicenza, punta sul Dama Restaurant di Venezia e il Social Club di Schio. Nel capoluogo veneto si affianca a tanti altri illustri colleghi come Alajmo, Borghese e Sadler, mentre a Schio ha ideato un locale più informale, dove si può trovare l’alta cucina ma anche giochi di società. Un enfant prodige anche nelle scelte, perché lo si può vedere preparare i piatti come se si fosse a casa. Conquistata la stella Michelin a 25 anni, tra i più giovani in Italia, muove i primi passi nella trattoria del papà e in alcuni locali della zona, ha lavorato molto all’estero, imparando svariate tecniche di cucina. Diplomato all’istituto alberghiero di Recoaro Terme, durante Expo 2015 a Milano è stato nominato come “Eccellenza del Saper Fare” per la Regione Veneto al Padiglione Italia.
Da El Coq di Vicenza al Dama. Perché di questa scelta?
«Ho fatto un ragionamento complessivo, ragionando sull’evoluzione della gastronomia, sulle esigenze del cliente e le mie necessità di vita per dedicare un maggior tempo alla mia famiglia: sono da poco diventato papà. Sento il bisogno di gestire il tempo in modo diverso».
Come funziona il progetto su Venezia?
«È il più complesso e completo tra quelli in atto, è l’unico ristorante che ho firmato. Ho sempre desiderato poter lavorare in questa città e stiamo andando avanti a piccoli passi, cercando di capire le esigenze gli obiettivi della proprietà. Comunque Dama sta andando bene».
C’è anche la società Food CoLor (Cogo Lorenzo ndr) da lei creata, che si occupa di consulenze.
«Si, perché l’idea è condividere la parte legata alle conoscenze accumulate in questi anni, compresa la parte dei dieci anni d’imprenditoria, con chi vuole investire in questo settore. In pratica, poter fare consulenza e confrontarsi con me».
Cos’è il Social Club di Schio?
«Si tratta di uno spazio per gli eventi ma è arredato come si fosse a casa. C’è un aspetto “home” ma vissuto, non noioso. Lì faccio cene per un minimo di otto persone a un massimo di sedici, dove sperimento cose diverse. Non c’è una regola fissa, si cucina quello che c’è a disposizione. Si tratta di un mix fra la trattoria e l’alta gastronomia. L’obiettivo è equilibrare il cibo alla convivialità. In questo momento, è l’unico progetto personale e mi coinvolge in prima persona, anche sotto l’aspetto dell’imprenditoria».
Ha preso la stella Michelin nel 2011, ad appena 25 anni, un anno dopo l’apertura de El Coq. Cosa c’è ora di quel Lorenzo Cogo? Com’è cambiato in questi anni?
«Cerco sempre di seguire quello che ti fa star bene. È una mia caratteristica e sotto questo aspetto non è cambiato nulla. Poi guardo alle esigenze del mercato: ho chiuso un ristorante affermato per fare un qualcosa che mi fa star meglio. Poi il settore è cambiato; prima c’era più voglia dello stellato, adesso si torna alle origini, c’è più voglia di semplicità, si cerca una cucina più classica».
Che mi dice del gran fermento Venezia? E molti suoi altri illustri colleghi sono sbarcati in centro storico…
«È stata “mollata” un po’ dai veneziani e sono arrivati ad altri a investire. Il potenziale è indiscusso, è una delle città più belle del mondo ed è normale che grandi chef decidano di andare lì; un tempo questo non succedeva forse non ce n’era bisogno e ci si accontentava di quanto c’era. Ora il mercato è più esigente e selettivo e anche chi investe nel mondo alberghiero, puntano sulla qualità. E Venezia è una città che si vuole aprire».
Che possibilità ci sono che Lorenzo Cogo torni a Vicenza?
«Chissà mai dire mai».
Alessandro Ragazzo