In un decennio, tra il 2010 e il 2020, in Veneto sono andate perse 36.431 aziende agricole. Tredici anni fa quelle iscritte ai registri delle Camere di Commercio erano, in tutto, 119.448; secondo l’ultima rilevazione, attualmente sono 83.017. Di contro, sta aumentando la dimensione media di ogni singola azienda: era di 5,1 ettari nel 1982, oggi è di 11 ettari. Questi i più importanti macrodati relativi al settimo Censimento generale in agricoltura Istat, illustrato per la prima volta in Veneto, in occasione della tappa “Roadshow” che si è tenuta nei giorni scorsi nella Sala della Carità a Padova.
Come sottolineato in sede di presentazione, “sono soprattutto le imprese agricole con ridotte capacità ad incontrare elevate difficoltà nel fronteggiare gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici, della concorrenza dei mercati esteri e degli shock internazionali quali la pandemia, la guerra in Ucraina e i rincari delle materie prime”. A questo trend, aggiunge Cia-Agricoltori Italiani Veneto, “bisogna aggiungere il fatto che tanti imprenditori agricoli veneti, una volta in pensione, dismettono l’attività. Non sempre, infatti, i figli sono disposti a portare avanti questo lavoro così peculiare”.
Peraltro, in Veneto la principale forma giuridica dell’impresa agricola rimane “individuale o familiare” (88,7%); a seguire, l’azienda costituita da società di persone (9,9%), società di capitali (0,9%) e società cooperative (0,2%). L’innovazione tecnologica, precisa il Censimento Istat, rappresenta un processo irreversibile: nel 2010 solo il 5,4% delle imprese agricole venete erano informatizzate, nel 2020 il 25,8%. E le previsioni danno un incremento esponenziale da qui ai prossimi anni.
“Il primario è chiamato a stare al passo coi tempi -chiarisce il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini- Gli studi rilevano che proprio l’innovazione permette di centrare gli obiettivi di maggiore sostenibilità, qualità e produttività”. Per quanto riguarda la Sat, Superficie agricola totale, veneta, il Censimento generale dimostra che è incrementata del 9%: da un milione di ettari nel 2010, ad un milione e centomila ettari nel 2020. Pure la Sau (Superficie agricola utilizzata) della Regione registra un incremento: complessivamente 835.731 ettari, +2,9% rispetto al 2010. Di questi, 573.869 ettari sono a seminativi, 136.256 ettari a colture legnose e 124.269 ettari a prati permanenti e pascoli. In Veneto, inoltre, la formazione dei capi azienda rimane strettamente legata all’esperienza sul campo: il 59% dei conduttori ha il diploma di terza media, o nessun titolo. Il 9,7%, invece, è laureato. Tuttavia, si rileva un’inversione di tendenza rispetto al 2010, quando solo il 6% dei conduttori era laureato, mentre il 70% possedeva il diploma di terza media (o nessun titolo).
“Questi numeri sono dirimenti -prosegue il presidente Passarini- e spiegano, nel concreto, l’evoluzione del comparto. La stessa Pac, Politica agricola comune, tende a distribuire i sussidi premiando le imprese più moderne e fortemente orientate al mercato”. Se è vero che in Veneto sono scomparse, dal 1960 ad oggi, tre aziende agricole su quattro, “è altrettanto vero che quelle che sono rimaste rappresentano un patrimonio collettivo da salvaguardare e, in ultima analisi, da valorizzare”. “Tuttavia -conclude- serve il sostegno delle Istituzioni al fine di garantire un futuro che sia sostenibile, anche economicamente, alle attività agricole”.