In vent’anni le aziende vitivinicole del nostro Paese si sono ridotte di oltre 500 mila unità, ma la superficie vitata ha tenuto (-11%, con -1% nell’ultimo decennio) e le 255 mila aziende rimaste (erano 791 mila nel 2000) sono oggi più strutturate, con una superficie media degli ettari vitati in crescita del 174%. Lo rileva l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), che elaborando l’ultimo censimento agricolo dell’Istat aggiornato al 2020, mette in luce una rivoluzione morfologica. “Necessaria” evoluzione, secondo Uiv, del vigneto Italia e delle sue imprese che in 20 anni hanno incrementato il valore delle esportazioni del 165%, divenendo primo comparto agricolo nel commercio estero e tra i principali fautori del surplus commerciale del totale made in Italy, dove incide per quasi il 14%.
Secondo l’ultimo censimento Istat è la Puglia a contare il maggior numero di imprese (36 mila), seguita dalla Sicilia (30 mila) e dal Veneto (27 mila).
Meno aziende ma con appezzamenti in media più grandi, specie al Nord, dove la superficie media della vigna è di 3,4 ettari, contro una media nazionale a 2,5 (erano 0,9 nel 2000 e 1,6 dieci anni dopo). Guardando alla superficie vitata, i picchi si riscontrano in Friuli Venezia Giulia (5,5 ettari), poi, 4 in Lombardia 3,8, in Veneto (che ha la crescita maggiore: +295%), 3,6 in Toscana, 3,4 in Piemonte.
Secondo Uiv, sono 255.000 le aziende viticole, che rappresentano il 23% del totale delle imprese agricole 1,1 milioni censite da Istat. Nella speciale classifica per incidenza vino sul totale imprese, vince il Trentino con un impatto del 43%, seguito dal Veneto, al 32%, e dalla Toscana ed Emilia-Romagna (31%). Ben sopra la media anche Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Campania, Umbria e Marche. (ANSA).