Il covid manda in crisi la filiera agroalimentare, perché nonostante sia possibile l’asporto, “ci sono difficoltà per l’occupazione nel settore”.
Martino Cerantola, presidente di Coldiretti provinciale, non ha dubbi: “Molti preferiscono tenere chiuso perché l’asporto non genera sufficiente sostenibilità economica”.
Sono oltre 26mila i bar, ristoranti, pizzerie e mille gli agriturismi costretti a stare chiusi in Veneto, molti dei quali nel Vicentino, dove è consentita la consegna a domicilio o l’asporto, con limitazioni fino alle 18 per molti locali, che riducono ulteriormente il guadagno e non se la sentono di tenere aperto.
“Una situazione che tocca il fatturato agricolo regionale, pari a 6 miliardi di euro, fatto di eccellenze e denominazioni che portano la nostra regione ai vertici della produzione di qualità in Italia”, spiega Cerantola.
A livello nazionale il colpo di grazia ha già segnato i consumi alimentari degli italiani fuori casa, che nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio, con un crack senza precedenti per la ristorazione, che dimezza il fatturato (-48%), per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea.
Gli effetti della chiusura delle attività interessano anche l’occupazione, oltre a farsi sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare, con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori, come quello ittico e vitivinicolo, la ristorazione rappresenta il principale canale di commercializzazione per fatturato.