Un crac che ha portato a conseguenze devastanti non solo per le ripercussioni sull’economia del Veneto, ma per tutto quello che ha provocato in cittadini scossi, scioccati, qualcuno si è suicidato a Schio per non aver retto al colpo: lo hanno trovato impiccato nel suo fienile e aveva solo 49 anni. Qualche altra vittima ha tentato il suicidio e non si riprenderà mai per la fiducia tradita. Un crac che si sarebbe potuto almeno limitare.
E’ stato presentato , a palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio Regionale, il libro di Renzo Mazzaro “Banche, banchieri e sbancati – La grande truffa dal Veneto al resto d’Italia”, un volume che, come sottolineato dall’autore, “non fa sconti a nessuno, neppure alla Regione Veneto, ma offre al lettore gli strumenti necessari per maturare un’idea consapevole su quanto è veramente successo alle due Banche Popolari Venete”.
Mazzaro scrisse qualche anno fa il libro ‘I padroni del Veneto’, che riguardava la spartizione degli appalti gestita dalla ‘politica che conta’.
Il consigliere regionale Antonio Guadagnini (Siamo Veneto) ha introdotto la presentazione, ringraziando “i colleghi Ruzzante e Berlato per aver fortemente voluto, assieme al sottoscritto, che il libro di Mazzaro venisse presentato in questa sede istituzionale. D’altra parte, il Consiglio Regionale ha avuto molto a cuore la vicenda delle Popolari Venete, dando vita a due Commissioni di Inchiesta che hanno prodotto risultati apprezzabili, ricostruendo bene come si sono effettivamente svolti i fatti”. “Ho trovato il libro molto ben fatto, soprattutto perché ha il pregio di dare voce alle vittime, con interviste significative a quanti hanno subito le conseguenze del crac delle Banche Venete – ha sottolineato Guadagnini – Mazzaro riesce ad affrontare in modo semplice e avvincente temi estremamente complessi, e di questo è doveroso dargliene merito. Tuttavia, secondo il mio punto di vista, se da una parte è chiaro che la truffa c’è stata, credo però che sia ancora tutta da scrivere la pagina relativa ai veri colpevoli, che andrebbero ricercati fuori dai confini regionali. Lasciamo comunque alla Magistratura fare il proprio lavoro, ma penso che i fatti accaduti fino agli anni 2014/2015 non siano sufficienti a spiegare compiutamente i motivi e la genesi del fallimento delle Banche Venete. Quel che ritengo sicuro è piuttosto la colpevole latitanza della Politica veneta, basti pensare al diverso impegno assunto dai politici pugliesi nel salvataggio della Popolare di Bari, difendendo così il territorio di riferimento”. “Forse – ha concluso Antonio Guadagnini – un diverso atteggiamento da parte della Politica e degli Organi di vigilanza avrebbe potuto evitare il crac, magari prestando maggiore attenzione ai criteri fissati dal Parlamento Europeo che hanno favorito le Banche del Nord Europa, penalizzando invece le nostre”.
Prezioso è stato il contributo offerto da Giorgio Roverato, Docente di Storia economica presso l’Università degli Studi di Padova, per il quale “Il libro di Mazzaro ricostruisce bene le vicende di un enorme disastro, che non è solo ascrivibile a disinvolti banchieri e malfattori, ma che investe in profondità l’intero modello di società veneta, una intera classe dirigente economica e politica. Il crac delle Banche Venete ha origine nel momento in cui degenera il modello di Banca Popolare, di società cooperativa pensato da Luzzati nella seconda metà dell’Ottocento, ovvero una banca del territorio nata per supportare l’economia minuta, una banca urbana fondata sulla conoscenza e la fiducia reciproche, su un rapporto stretto tra direttore e risparmiatore, con quest’ultimo che non è un azionista, bensì un socio della banca. Il sistema è imploso quando è stata contraddetta la natura stessa della Banca Cooperativa, nel momento in cui le banche hanno voluto espandersi troppo, perdendo così quel legame che le univa al territorio di riferimento, e quando hanno fatto ricorso a cooptazioni all’interno dei loro CdA”.
“Credo che il crac delle Banche Venete si sarebbe potuto almeno limitare se si fosse tenuta in considerazione la parabola discendente imboccata da AntonVeneta – ha spiegato in conclusione del suo intervento Giorgio Roverato – quando con l’aumento delle proprie dimensioni ha dovuto necessariamente assumere la veste di SpA, fino alla sua estinzione”.