Non solo dolore, isolamento e decessi. Nella nostra regione il Covid ha prodotto anche una crescita della povertà che non trova eguali in altre parti d’Italia e che demolisce la quotidiana narrazione autocelebrativa del presidente Luca Zaia”. Il sindacato dei pensionati (Spi) della Cgil del Veneto lo denuncia dopo aver studiato l’impatto della pandemia sui bilanci delle famiglie venete. Lo Spi rileva che nel 2020 in Veneto il 13% delle famiglie (circa 273.000) si trova in una situazione di povertà relativa, ovvero fatica ad arrivare a fine mese. Rispetto al 2019, quando il dato si fermava al 10,4% (poco più di 200.000 famiglie), la crescita è del +25%. Se si torna indietro di 10 anni, quando le famiglie venete in povertà relativa erano circa 60.000, la crescita è di oltre il 400%. Dunque, “al di là di quanto ci viene propugnato ogni giorno- commenta Renato Bressan, della segreteria regionale dello Spi- il Veneto è tutt’altro che un’isola felice, anzi. La pandemia nella nostra regione ha svuotato i portafogli di molte famiglie mettendole in ginocchio e i dati lo dimostrano in modo impietoso”. L’analisi del sindacato dei pensionati si sofferma anche sui bilanci dei Comuni veneti. E qui si vede che la cosiddetta spesa sociale, destinata a finanziare il welfare, nel 2019 rappresentava il 15,5% della spesa totale (corrente), nel 2020, invece, è salita al 20,5%. Altro dato: le risorse destinate agli interventi contro l’esclusione sociale hanno “eroso” il 4,6% della spesa corrente, contro l’1,8% del 2019.