di Federico Piazza
I terreni dei vigneti DOC delle colline di Breganze valgono mediamente meno di quelli delle altre due zone vitivinicole collinari della provincia i Vicenza, cioè l’Agno-Chiampo e i Berici. I valori fondiari medi dei vigneti DOC delle Colline del Medio Astico nel periodo 2021-2022-2023 sono infatti stabili a 69.700 euro ad ettaro, rispetto ai 90.200 euro delle Colline dell’Agno e ai 79.400 euro dei Colli Berici, dove si è anche registrato un incremento di circa 2000 euro nel corso del triennio. Lo rileva l’Indagine sul Mercato Fondiario in Italia condotta annualmente dal centro di ricerca Politica e Bioeconomia del Crea.
Ma secondo Giuseppe Vittorio Santacatterina, presidente del Consorzio per la Tutela della D.O.C. dei Vini Breganze, i valori sono più alti. «Un ettaro di vigneto nella nostra zona vale in media da 80mila a 120mila euro, fino a punte di 150mila euro. Comunque, dieci volte meno che a Valdobbiadene e nel Montello, per dare un termine di paragone». Santacatterina, che è anche presidente della cooperativa Cantina Beato Bartolomeo Breganze, sottolinea il carattere estremamente frazionato della proprietà terriera locale: «L’estensione media dei terreni vitati delle 500 aziende agricole associate alla Cantina va da mezzo ettaro a un ettaro. Basti pensare che i primi 50 soci come dimensioni fanno oltre il 50% della produzione». Non è facile produrre reddito per sostenere gli investimenti su queste scale di grandezza micro. «Il costo per impiantare un vigneto si aggira sui 40mila euro ad ettaro, considerando anche 10/15mila euro per il trasferimento delle quote. La zona di Breganze ha inoltre perso 500 ettari di quote di vigneti, che sono andate in Valpolicella e nel Trevigiano».
Metà della produzione della DOC Breganze è realizzata dalla Cantina Beato Bartolomeo, i cui soci coprono il 70% della superficie vitata di riferimento.
«Nel 2024 abbiamo fatto 8 milioni di euro di fatturato, di cui 40% export in 40 Paesi, cresciuto di un milione di euro l’anno scorso. Prima destinazione estera è il Regno Unito, dove traina la domanda di Pinot Grigio. In pochi anni – spiega Santacatterina – abbiamo raddoppiato i numeri grazie alla distribuzione in negozi specializzati, ma nel mercato britannico occorre puntare su vini sotto gli 11,5 gradi perché la tassa sugli alcolici oltre questa soglia è molto elevata». Bene Europa e Usa, pur con un po’ di timore per il paventato aumento dei dazi sull’import Ue, e anche alcuni mercati asiatici.
Globalmente il vino più venduto dalla Cantina Beato Bartolomeo oggi è il Vespaiolo, seguito da Prosecco e Pinot Grigio. L’obiettivo è arrivare a 10 milioni di fatturato in 3-4 anni, puntando sul canale horeca dei locali pubblici. Più metodo classico e meno sfuso, che rappresenta ancora il 20% del giro d’affari.
E i produttori DOC a gestione famigliare?
Si segnalano poi Col Dovigo e IoMazzuccato. Il primo, 220mila bottiglie e 19 ettari, realizza il 40% delle vendite in Cina, Giappone e Indocina con vini rossi morbidi grazie all’alleanza commerciale con un piccolo gruppo di produttori di altre regioni d’Italia. Il secondo, 20 ettari e 70mila bottiglie, esporta il 30% in Asia, Australia, Europa. Ca’ Biasi, 15 ettari tutti in collina e 60-70mila bottiglie, fa invece vendita diretta quasi solo a privati in Italia. E per ora quasi solo Italia anche per i vini bio di Transit Farm, 30mila bottiglie e 12 ettari vitati, e di Boscodivino (che non è associato al Consorzio), 6000 bottiglie e 3,5 ettari.