Dieci minuti. Il tempo della rapina messa a segno all’ufficio postale di Grumolo Pedemonte. Minuti passati a pancia a terra anche per Roberta Marin, insegnante alla scuola infanzia Amatori e consigliere comunale a Thiene. “State giù”. Le uniche parole che ha sentito “mentre mi vedevo passare la vita davanti”.
Un bottino da 20mila euro, nelle mani dei due rapinatori fuggiti in sella ad una moto. Questo l’epilogo della rapina consumata nel piccolo ufficio delle Poste della frazione di Zugliano. Nulla lasciava presagire quanto, alle 8.45 di lunedì 1° luglio, si sarebbe scatenato lì dentro.
Primo giorno del mese, col piccolo locale già affollato. “Eravamo in quattro donne in attesa” ricorda Roberta Marin. Sono passate ventiquattro ore e la sua voce è ancora scossa. “Ero seduta vicino alla porta d’entrata, di fianco – continua- Un attimo prima il viso sorridente della guardia armata che aveva appena consegnato un pacco valori, poi la pistola”. Con la canna a pochi centimetri dal suo viso, Roberta Marin è stata la prima a capire cosa stesse accadendo.
Dopo il braccio teso, con la mano ad impugnare l’arma, la sagoma dell’uomo che si profila dalla porta ed entra. “Era tutto vestito di nero, con un casco in testa. Ancora prima che ci ordinasse di metterci a terra, mi ero già fiondata in cerca di riparo, tra il muro ed un tavolino”.
“paura infinita”
Attimi di pura paura. Con le altre tre donne, anziane, che la seguono e si distendono a terra. Quello, a quanto pare, il segnale al complice di fare la sua entrata in scena nell’ufficio postale. Sarà, come raccolto dalle varie testimonianze, questo secondo uomo, sempre vestito di nero e col volto travisato da un casco, a farsi consegnare i soldi dall’impiegato. “Intanto a noi veniva ripetuto di stare giù”.
Non un solo millimetro del suo corpo che si muove, ma dentro di sé l’angoscia. “Pensavo alla mia famiglia a casa, ero in preda alla disperazione – prosegue nel suo racconto drammatico- Avevo il timore che qualcosa potesse andare storto. Che facesse precipitare la situazione”.
La paura che potesse finire male l’attanaglia. Mentre dentro di sé prega “che non si muovesse nessuno”. Per evitare di scatenare reazioni impreviste nei due criminali.
Dieci minuti quasi surreali “da quando ho messo piede dentro quell’ufficio. Vissuti con l’adrenalina a mille”, col viso sul pavimento. Roberta Marin non ricorda alcun dialogo tra i rapinatori e i due impiegati dell’ufficio. Nelle sue orecchie continua a rimbombare solo “state giù”, mentre con una mano stringe il braccio della donna stesa al suo fianco. “Avevo paura che qualcuno potesse avere un malore. Pregavo perché tutto finisse. Poi abbiamo sentito il rombo della moto”.
Quella usata dai due per fuggire. “Ma ancora non capivamo se eravamo ‘liberi’- ricorda ancora la consigliera comunale Marin-Qualcuno poi ha avuto il coraggio di rialzarsi. E ci siamo tiriamo su tutti”.
Sotto choc Roberta e le altre donne, dopo essere state rincuorate dai due impiegati, “sono stati gentili e premurosi”, escono e tornano a casa. “Lì ho capito cosa era accaduto. Ho realizzato e sono andata dai carabinieri a denunciare quanto avevo vissuto”.
In via Lavarone, nel Comando della Compagnia dei carabinieri, l’allarme nel frattempo era già arrivato. A lanciarlo i due dipendenti delle Poste di Grumolo. I militari dell’Arma sono al lavoro per rintracciare i due rapinatori che, a quanto pare, avrebbero studiato a tavolino il piano. Prendendo di mira il piccolo e tranquillo ufficio postale della frazione di Zugliano. Aspettando la consegna del trasporto valori e che la guardia armata privata se ne andasse. La vita di Roberta Marin comincia a riprendere il suo ‘corso normale’, seppure il terrore vissuto in quel piccolo ufficio fatichi ad abbandonarla. “E’ stato sconvolgente – conclude – Quelle scene le avevo viste solo nei film. Ora ho provato sulla mia pelle ed è stato terribile”.
Paola Viero