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Zugliano. Dopo l’aggressione alla compagna incinta, parla il fidanzato: ‘Spiegateci come è potuto accadere’

E’ stata una notte insonne quella trascorsa all’ospedale dalla quarantenne di Zugliano che ieri è stata aggredita nel parchetto di Via Casette a Grumolo Pedemonte.

Tanti i segni sul corpo, lesioni che fanno male ma che non sono paragonabili a quelle più infime e pesanti di un animo ferito nel profondo.

Il bambino, secondo i vari accertamenti eseguiti dai sanitari a più riprese sia ieri che stamane, non avrebbe subito conseguenze: il trauma pare caricato quindi tutto sulle spalle della donna, tuttora ricoverata, che nel pomeriggio ha affrontato la prima di una serie di sedute con gli psicologi chiamati a supportarla in questa fase doppiamente delicata.

Lei, arrivata ormai al sesto mese di gravidanza, stava vivendo assieme al compagno forse il momento più felice: i preparativi per la nascita del primo figlio, atteso e desiderato da tempo, un baby shower recentemente celebrato con i parenti e gli amici più stretti, il passeggino arrivato proprio a inizio settimana assieme alla gioia un po’ frenetica di un trasloco verso una nuova casa recentemente acquistata e per la quale proprio in questi giorni stavano attendendo il montaggio dei mobili.

La quotidianità di una coppia riservata, contenta di gustarsi intimamente i traguardi di una vita in divenire: emozioni che ieri si sono cristallizzate, inquinate dal terrore di perdere tutto e da tanti interrogativi che per ora confondono le idee e non offrono risposte.

A parlare è il compagno che ieri è stato chiamato d’urgenza mentre si trovava al lavoro e che nei 30 chilometri che lo separavano dalla compagna ha inevitabilmente pensato al peggio, come in un film dove rivedi le scene più belle di un sogno che rischia di frantumarsi all’improvviso: “Mi è mancato il fiato, quando lei mi ha chiamato ha saputo dirmi giusto due parole ed era sconvolta, singhiozzava. Non mi sono neanche reso conto della strada, correvo e pensavo solo a lei e al nostro bambino. Finchè il primo tracciato che i medici le hanno fatto non ha rivelato le buone condizioni del piccolo, riuscivamo solo a guardarci, in silenzio. Vederla piena di lividi, con l’occhio pesto e le lacrime che continuavano a scenderle mi ha distrutto”.

Quando però il discorso cade sulla sessantenne di origine sudamericana che ha picchiato selvaggiamente la compagna dopo una sequela di offese, il tono si fa grave: “Siamo allibiti che possa essere successa una cosa simile. Una persona che si sapeva avere problemi seri e con precedenti anche gravi, lasciata in balia di sè stessa, è un insulto alla convivenza civile. Chiedo agli enti preposti se comprendono fino in fondo la gravità dell’episodio che poteva capitare a chiunque a questo punto: e se questa persona invece che ‘limitarsi’ a picchiare con le mani avesse avuto un coltello, tanto per citare un oggetto alla portata di tutti, dove sarebbe ora la mia ragazza e nostro figlio”?

Dal punto di vista legale invece la coppia non ha dubbi e sporgerà denuncia già nelle prossime ore, riservandosi di fare chiarezza anche rispetto ad eventuali responsabilità terze: “Lasciar cadere la cosa sarebbe come consentire che un fatto del genere possa reiterarsi e questo noi non lo accettiamo. E nemmeno vogliamo pensare ai nostri paesi e ai nostri parchi come luoghi dove andare scortati o con la paura addosso. O dove proprio rinunciare a prescindere perchè non si è più al sicuro. Ora comunque cercheremo di ritrovare in qualche modo un equilibrio, ma non sarà automatico: la mia compagna è molto scossa e accenna un sorriso solo quando le fanno sentire il battito del cuore del bambino”.

Marco Zorzi

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