“Sento il dovere di esprimere una profonda solidarietà alla senatrice a vita Liliana Segre. Una donna che ha saputo trasformare il dolore personale nella forza di un messaggio universale di memoria e di speranza. A lei, alla sua famiglia, e a tutta la comunità ebraica del VENETO e d’Italia va la mia vicinanza e il nostro abbraccio sincero”. E’ quanto dichiara il presidente del VENETO, Luca Zaia.

“È vergognoso e inaccettabile che chi ha sofferto l’indicibile debba ancora oggi subire insulti e minacce. Gli attacchi antisemiti non sono solo un’offesa a Liliana Segre: sono uno sfregio ai valori su cui si fonda la nostra Repubblica. Non possiamo permettere che l’odio, travestito da libertà di espressione, trovi spazio nei social o nella rete”, prosegue Zaia. “Mi rivolgo soprattutto ai giovani, che trascorrono parte del loro tempo nel web e nella rete: indignatevi di fronte all’odio. Non voltatevi dall’altra parte di fronte a messaggi che tramite le reti digitali corrono di dispositivo in dispositivo. Pretendete rispetto, verità, giustizia, anche nel mondo digitale. La rete deve essere un luogo di dialogo e di crescita, non una prateria per l’intolleranza e l’ignoranza”, termina il presidente.

Ricordiamo che Liliana Segre è cittadina onoraria del comune di Schio.

I vigliacchi della rete

E’ di lunedì la notizia che  il giudice per le indagini preliminari (gip) di Milano ha disposto l’imputazione coatta per sette persone accusate di diffamazione aggravata attraverso messaggi d’odio pubblicati sui social media ai danni della senatrice a vita Liliana Segre. L’imputazione coatta è un provvedimento con cui si impone alla procura di chiedere il rinvio a giudizio di chi è indagato. Il giudice l’ha ordinata dopo che la procura di Milano aveva chiesto l’archiviazione per tutte le persone indagate, che erano in totale 17: l’archiviazione è stata approvata per le altre 10 persone, fra cui c’era anche Chef Rubio, noto personaggio televisivo il cui vero nome è Gabriele Rubini. Il giudice ha anche chiesto che siano formalmente indagate altre nove persone per lo stesso motivo.

Dal 2019 Segre, che ha 94 anni, vive sotto scorta per via dei costanti insulti, molti dei quali antisemiti, e delle minacce che riceve online. L’indagine in corso riguarda 246 messaggi pubblicati da un centinaio di account, molti dei quali gestiti da persone che non sono ancora state identificate. La procura aveva chiesto l’archiviazione per le 17 persone indagate ritenendo che i loro messaggi rientrassero nel diritto di critica politica. Il giudice ha sostenuto però che questo non si appplicherebbe  ai messaggi di sette di loro che associavano e paragonavano le posizioni di Segre, ebrea e sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz, a quelle naziste e fasciste.
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