Dopo la tragedia sfiorata sul monte Enna a Schio, con un 41enne thienese ferito al collo ed alle spalle da un filo spinato ben teso su di un sentiero, i carabinieri danno la caccia ai responsabili. “Ma servono denunce o segnalazioni per permetterci di individuare i posti esatti”, spiega il Capitano Jacopo Mattone, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Schio. Per le loro indagini prezioso ogni minimo indizio fornito da chi si imbatte in queste trappole, a quanto pare, destinate a ‘fare fuori’ i biker della montagna.
Alta è l’attenzione tra gli sportivi, soliti a frenquentare i colli sopra Schio, ma non solo, per evitare di trovarsi le punte del filo a pochi millimetri dal proprio collo, o piantate sulla pelle. Per questo il 41enne Thiene, M.F., si era rivolto alla nostra redazione. Non solo per denunciare quanto gli era accaduto, ma anche per mettere in allerta altri appassionati di mountan bike come lui.
I militari dell’Arma si muovono per risalire a chi abbia steso il filo sul monte Enna, ma non solo. Anche quel cavo appuntito, comparso una settimana prima sul monte Cerbaro, sempre a Schio, dove due biker riuscirono ad evitare per un soffio di essere ‘tranciati’, sempre ad altezza collo, dal cavo.
Gravi le accuse che potrebbero profilarsi per i responsabili, sfociando nel penale: dall’esercizio abusivo dei propri diritti a lesioni colpose e dolo. Ma per individuare i responsabili occorre l’esatta ubicazione dei fili spinati, da fornire quanto prima ai carabinieri di Schio.
sui social due fronti:”atto da condannare” e “basta bici e moto nei sentieri”
Sui social, intanto, si spacca in due fronti l’opinione pubblica. Chi condanna quanto accaduto, sperando che presto venga trovato il responsabile che, da una pianta all’altra, ha tirato il filo spinato col probabile intento di ‘cecchinare’ chi si gira i sentieri su una due ruote. Chi richiama ad un maggiore rispetto dei sentieri, puntando il dito contro chi, in sella ad una bici ad una moto, li solca rovinandoli.
E’ intervenuto anche Marco Sandonà, sindaco di Caltrano, alla guida di un territorio poco lontano da Schio e che si presta ad essere meta di chi la montagna la vuole vivere in maniera sportiva.
“Viviamo in una società in cui regole e controlli non funzionano e ciascuno si sente il diritto di decidere da solo come risolvere i problemi di convivenza fra chi ama la tranquillità e il silenzio dei boschi e magari si prende cura dei sentieri e chi ha la passione per le due ruote e trova nelle escursioni fuori strada un proprio piacere. Credo che questi gesti, assolutamente assurdi e ingiustificabili, siano compiuti da chi in modo incosciente e criminale vorrebbe contrastare l’eccessiva presenza di moto da cross nei sentieri montani e pedemontani. Il problema esiste e non è di facile soluzione. Il problema non sono le biciclette. Ci sono tante persone, volontari e gruppi, che lamentano il mancato rispetto dei divieti di circolazione delle moto sui sentieri e sulle strade silvo pastorali. Persone che dedicano tanto del loro tempo libero, delle loro risorse e della loro energia a mantenere puliti e curati questi sentieri. Spesso il transito di moto causa danni al fondo di molti sentieri. Il continuo passaggio delle ruote è causa spesso di smottamenti, scavi di solchi e scivolamento di sassi, specie in curva o nei tratti particolarmente ripidi. Il risultato è che la pioggia ne aggrava ancora più la stabilità e il dissesto e gli stessi sentieri diventano pericolosi per i marciatori e per gli stessi ciclisti. Questo, sia chiaro non è neanche lontanamente pensabile possa diventare una giustificazione per un gesto così folle come quello di collocare fili, reticolati o altri ostacoli lungo i sentieri. Mai si può giustificare la violenza o la minaccia alla salute e all’incolumità delle persone. Però il problema esiste e si dovrebbe porre la questione sui tavoli di chi crea le norme e definisce le risorse per il controllo e la salvaguardia dell’ambiente boschivo. Se da un lato esiste una regola di divieto che dovrebbe essere rispettata da chi usa le moto, dall’altro sarebbe corretto responsabilizzare tali appassionati e chiedere loro di contribuire a trovare delle soluzioni. Definendo con gli enti locali e i proprietari dei boschi dei tracciati in cui sia possibile praticare lo sport della moto da cross o trial, ma allo stesso tempo prevedendo dei sistemi di mitigazione dei danni ai sentieri, assicurando la corretta manutenzione e la messa in sicurezza di tali aree al fine di non favorire il degrado o il rischio di dissesto idrogeologico . Il problema principale è che mancano gli interlocutori. Da un lato gli enti locali, specie i comuni, sono tutti preoccupati a guardare ciascuno il suo proprio territorio, dall’altra i motociclisti non hanno un organismo di rappresentanza loro o un’associazione che si sia mai fatta promotrice nell’affrontare il tema. La scorribanda in moto in sentieri preclusi a qualsiasi motociclo o velocipede non è un diritto. Ma sarebbe dovere di tutti in una società seria cercare di trovare delle regole condivise di convivenza. Non è facile ripeto trovare la soluzione ma non affrontare la questione poi porta a queste assurde azioni da parte di qualche scellerato”.
Messa in premessa la condanna all’atto ignobile di tirare un filo spinato, c’è chi comunque richiama un maggiore rispetto non solo ai sentieri del Cai. Puliti e mantenuti in buono stato dai volontari. C’è anche chi si dichiara esasperato dal continuo via vai di due ruote, nella propria proprietà e nonostante i cartelli di divieto, reclamando uno stop a tutto ciò, oltre ai danni che lasciano.
Paola Viero