Si sgonfia come un soufflè, ma nel frattempo un gruppo di ragazzi viene sbattuto sui social e chi ha messo in rete dettagli su minorenni facilmente identificabili ora rischia di dover pagare ingenti danni.
Non è un episodio di bullismo quello avvenuto l’altro giorno in zona Faber Box a Schio, che ha messo sotto accusa gli studenti del Garbin, ed è partita un’indagine per fare luce su quello che il popolo dei social ha sentenziato essere un’aggressione da branco.
A chiarire la vicenda è stata la stessa madre della studentessa, che ha detto ai Carabinieri che sua figlia non è vittima di bullismo né in passato è stata mai oggetto di atti persecutori.
I Carabinieri della Compagnia di Schio procedono per percosse, ma i dettagli di quanto avvenuto fuori dall’orario scolastico è oggetto di accurate indagini.
Ci sono però grane in vista, come era facilmente intuibile quando il video ha cominciato a girare in rete, per chi ha sbattuto sui social quel gruppo di giovani, dando per scontato e senza approfondire che si trattasse di un branco di bulle, che a loro volta potrebbero rivalersi su chi le ha dipinte calunniandole per un reato non provato.
La denuncia della madre della ragazza è stata presentata nella tarda mattinata di oggi, mercoledì 27 ottobre, e la donna ha subito chiarito che non si trattava di episodi di bullismo e che la figlia non era mai stata vessata da altre studentesse.
Alla base dell’episodio sul quale migliaia e migliaia di utenti della rete hanno scatenato i peggiori giudizi, ci sarebbe un semplice screzio tra ragazze, sfociato in una lite che ha attirato altri giovani che volevano separarle e difenderle entrambe.
A far luce sui contorni della vicenda ci penseranno i Carabinieri, che stanno cercando di capire chi per primo ha pubblicato il video diventato virale in pochi minuti. Nella confusione delle immagini si vedono giubbotti, zaini, si ascoltano nomi e voci che potrebbero fare risalire facilmente all’identità dei minorenni inquadrati.
Ieri è stato un delirio di condivisioni, in molti hanno fatto girare quel filmato senza curarsi del fatto che si trattasse di minorenni che la legge tutela rigidamente, come se non si sapesse che ‘buttare’ minori di 18 anni ‘in pasto al web’ fosse un gravissimo reato.
Anna Bianchini