Non riescono a credere che quel collega così rigoroso, così mite e religioso possa avere tolto la vita alla moglie che diceva di amare. Marito modello e padre esemplare, Angelo Lavarra, 43 anni, originario della provincia di Taranto, ma residente a Marano, è accusato di avere simulato il suicidio della moglie Anna Filomena Barretta, anche lei pugliese e dipendente del Carrefour di Thiene. Forse la 42enne non sarebbe stata uccisa nemmeno nella stanza da letto dell’appartamento dove è stata rinvenuta cadavere dai carabinieri, dopo che il marito aveva telefonato raccontando di quello sparo udito e quella scena che si era presentata dinanzi ai propri occhi. Forse l’avrebbe uccisa altrove e trascinata. Ma al momento sono solo ipotesi investigative sulle quali c’è il massimo riserbo da parte dei carabinieri che ieri sera, al culmine dell’ennesimo interrogatorio della guardia giurata, hanno eseguito un provvedimento di fermo di polizia giudiziaria che nelle prossime ore dovrà essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari.
L’accusa è di omicidio, ma basteranno gli indizi di colpevolezza raccolti dai carabinieri del reparto operativo di Vicenza e dai colleghi del Ris di Parma a tramutare quel provvedimento d’urgenza in ordine di custodia cautelare ? Intanto Lavarra si trova in carcere e le sue bambine non potranno fare conto su di lui, che era il pilastro della famiglia. L’unico punto di riferimento rimasto dopo la morte della madre, il 20 novembre scorso. ‘Si è uccisa con la mia pistola – aveva raccontato ai militari dell’Arma, che in un primo momento gli hanno anche creduto e ai colleghi della Civis con cui condivideva anni di vita dura, aveva detto: “Non sono stato io, amavo Anna, come farò senza di lei?”.
‘Quella di Angelo e Anna era una famiglia modello – raccontano scossi dalla tragedia familiare – , è impossibile che possa avere fatto del male alla madre delle sue bambine. Noi li abbiamo frequentati per anni, li vedevamo insieme. Abbiamo appreso dai giornali dei loro problemi’.
Credono nella sua innocenza:“Angelo non può averla uccisa”. Sono due colleghi di lavoro della guardia giurata di Marano che parlano, chiedendo l’anonimato. “Proprio lui che ci ha insegnato a scaricare la pistola prima di rientrare a casa, a fine turno, perché non succedesse qualcosa di brutto in famiglia – continuano – Ce lo raccomandava in continuazione. E’ impossibile che lui possa avere ucciso Anna”. Lo ripetono allo sfinimento e con convinzione.
Un marito innamorato ed un padre esemplare, così parlano di lui, “che faceva di tutto per accontentare la moglie, con le due figlie che lo adorano – raccontano- un uomo equilibrato, mite, profondamente religioso ed irreprensibile sul lavoro, che agiva in maniera meticolosa e ponderata. Su Angelo si poteva sempre fare affidamento. Un collega sì , ma anche una persona che sapeva raccogliere gli sfoghi del momento, cercando di fare ragionare, mediare e trovare una soluzione al problema del momento”.
Pesa in loro la parola ‘omicidio’, per il quale l’uomo ora è indagato dalla magistratura. “Nemmeno si era preso un avvocato, perché per lui non serviva – racconta uno dei due- Lui pensava solo a come sarebbe stata la sua vita senza di lei”. Una coppia da fare invidia, fino a qualche tempo fa a quanto pare. “Dopo anni di matrimonio sembravano ancora dei fidanzatini”. Eppure qualcosa sarebbe cominciato a scricchiolare, con tanto di separazione . “Ma anche se lei aveva preso un altro appartamento, in un mese ha dormito solo quattro notti fuori casa – continuano – Solo due giorni prima che Anna morisse erano tutti assieme a festeggiare il compleanno di lui”.
L’ultimo interrogatorio e poi il carcere
L’accusa di omicidio ad Angelo Lavarra è stata formalizzata alle prime ore di oggi, dopo l’ennesimo interrogatorio da parte dei militari del nucleo operativo di Vicenza. Lo hanno prelevato ieri sera, assieme alla figlia più grande. Padre e figlia sono stati condotti in caserma e poi separati per essere ascoltati. Solo la piccola ha fatto ritorno da una vicina che da più di una settimana li ospita, mentre per Angelo Lavarra si sono aperte le porte del carcere.
Per i carabinieri, a mettere fine alla vita di Anna Filomena Barretta, sarebbe stato il marito. Impugnando quella pistola che in servizio non aveva mai tirato fuori dalla fondina, come raccontano ancora i due colleghi. “In tutti questi anni, che abbiamo lavorato fianco fianco a lui, non gli abbiamo mai visto impugnare l’arma”.
Le indagini
I sospetti su di lui hanno cominciato a farsi strada negli investigatori quattro giorni fa, poi gli accertamenti scientifici dei colleghi del Ris di Parma a Marano, a darne conferma. Con gli indizi raccolti che, man mano, smantellavano la ricostruzione fatta da Angelo Lavarra sin da quella mattina del 20 novembre, giorno in cui Anna fu ritrovata cadavere nella camera da letto. L’uomo, come ha sempre raccontato, dormiva sul divano dopo avere staccato dal turno di metronotte alle 5 del mattino. Le figlie erano a scuola ed Anna sarebbe arrivata nell’abitazione, “per mettere in ordine la stanza delle piccole – riferisce ancora uno dei due colleghi che con Angelo ci ha parlato la sera stessa della tragedia – lo ha svegliato lo sparo ed è corso a vedere cosa era successo”.
Uno sfogo raccolto dal collega, che riferisce di come l’uomo abbia trovato la moglie stesa sul pavimento della camera, in una pozza di sangue. “E’ andato da lei, l’ha presa tra le braccia chiamandola” racconta ancora. Poi le due telefonate, prima al 118 e poi ai carabinieri di Thiene, con le dita insanguinate e tremanti che gli scivolavano sul telefono. “Ci ha raccontato che sapeva che non doveva toccarla, ma che non poteva non farlo, perché lui voleva rianimarla”.
Ma per i carabinieri le cose sarebbero andate diversamente e le contraddizioni tra la versione della guardia giurata e quanto da loro riscontrato durante le indagini, sarebbero così imponenti da indurli ad eseguire il provvedimento d’urgenza che ha portato Angelo Lavarra dietro le sbarre del carcere di Vicenza.
Paola Viero